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→  novembre 1, 2013


Al direttore

Il voto per la decadenza di Silvio Berlusconi riporta alla mente quello con cui approvammo la modifica del titolo V della Costituzione. Anche allora avevamo il diritto di votare a maggioranza la modifica della Carta; adesso è legittima la procedura con cui si è modificata la prassi del Senato e deciso per il voto palese. In entrambi i casi si tratta di errori politici, che la sinistra si porterà addosso nel suo futuro.

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→  luglio 3, 2012


Caro Direttore,

“Lo stato liberale secolarizzato vive di principi che non può garantire”. La Frankfurter Allgemeine cita il famoso filosofo del diritto, già membro della Corte di Karlsruhe, Ernst-Wolfgang Böckendförd per commentare la sentenza di Colonia sulla circoncisione: non può garantirli nel senso che non ne ha la possibilità, ma anche nel senso che può volere non garantirli, oppure che non le è consentito garantire. La protezione fisica che la Costituzione garantisce come suo diritto riguarda diritti che derivano da tradizioni religiose, ma che ledono diritti per garantire i quali è nato lo stato moderno, libero dai principi degli stati fondati sul diritto divino.

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→  giugno 11, 2010


di Cesare Salvi

Al direttore

Due osservazioni “in punto di diritto” sulla lettera di Franco Debenedetti a proposito dell’art. 41, 138 e dintorni.
1) L’art. 41 non è di matrice “catto-comunista”. Le costituzioni di quel periodo contengono tutte norme simili. Temo che il mio amico Franco resterebbe inorridito leggendo l’art. 14 della Costituzione tedesca, tutt’ora vigente, che fu scritto sotto occupazione anglo-americana. Il fatto è che in quel periodo Keynes e Beveridge piacevano più di von Hayek. Legittimo pensarla diversamente, ma Dossetti e Togliatti (con il dovuto rispetto per queste due grandi figura) non c’entrano molto.

2) Da tempo la Corte Costituzionale ha dedotto dall’art. 139 (quello contro la monarchia) che vi sono principi supremi della Costituzione che non possono essere modificati né attraverso l’art. 138 né dall’Unione Europea, e nemmeno dal Concordato. La clausula sociale in materia economica fa parte di questi principi supremi? La Corte Costituzionale tedesca ha detto di sì, nella sua sentenza dell’anno scorso sul Trattato di Lisbona, con riferimento allo stato sociale. La nostra Corte italiana non si è ancora pronunciata al riguardo.

La risposta di Giuliano Ferrara
La Costituzione è repubblicana, per il resto si può innovare, sennò è faraonica.

ARTICOLI CORRELATI
Il bollino del “fine sociale”
di Franco Debenedetti – Il Foglio, 10 giugno 2010

→  giugno 10, 2010


Lettera al direttore del Foglio

Caro Direttore,

Affettuoso ammiratore della passione repubblicana di Rino Formica, osservo tuttavia che invocare l’art. 139 per sostenere l’immodificabilità della prima parte della Costituzione, richiede un’interpretazione molto restrittiva di “forma repubblicana”, fino a farla coincidere con “l’incontro tra solidarismo cattolico e organicismo visionario socialista e comunista”.

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→  luglio 25, 2006

Quanta retorica si fa sulle riforme usate dai partiti per esser legittimati

di Giorgio Rebuffa

Ora che è passato un mesetto, lo possiamo dire apertamente: la vittoria del no al referendum costituzionale non ha solo bocciato un brutto testo, ma ha chiuso la fase delle ciance costituzionali. E ha chiuso anche la fase delle opposte retoriche del tipo «la Costituzione non si tocca!» o, il suo opposto, «la riforma della Costituzione ci salverà!». Naturalmente non è sicuro che andrà così, ma è una speranza molto viva: non vogliamo arrenderci all’idea che le dinamiche costituzionali finiscano come le partite di calcio, preda di cronisti assatanati a raccontare le gesta dei nostri gladiatori o come le vite delle belle attrici, vittime di gossippari truculenti. Speriamo che sulle riforme cada un bel silenzio rispettoso. Poi chissà, un giorno.

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→  giugno 30, 2006

il_riformista
Con quale maggioranza dovrà essere approvata la norma per aumentare la maggioranza necessaria per modificare la Costituzione? Il gioco di parole nasconde una contraddizione annidata all’interno della proposta, enunciata in modo generico nel programma dell’Unione, e ribadita in modo perentorio dopo l’esito del referendum dai più intransigenti custodi della Costituzione: e cioè che in futuro si debbano impedire modifiche a colpi di maggioranza e che quindi queste debbano essere approvate dai 2/3 e non solo più dalla metà degli aventi diritto al voto.

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