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Archivio per il Tag »Brexit«

→  novembre 26, 2016


“Il referendum italiano ha le chiavi del futuro dell’euro”, titolava giorni fa il Financial Times. Tanto rapida e profonda è stata la rivoluzione che Donald Trump – meno di tre settimane dall’essere proclamato vincitore e più di dodici dall’essere insediato presidente, prima di aver scelto i suoi più stretti collaboratori e lungi dal potere compiere atti di governo – con le sue sole parole ha prodotto nel quadro politico mondiale. Se i banchieri centrali hanno “l’arte della parola”, come sostiene Alberto Orioli nel suo ultimo libro, i politici a volte hanno il “potere della parola”.

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→  luglio 15, 2016


C’è stato quello britannico, altri potrebbero essercene in Europa, naturalmente ci sarà il nostro di ottobre: referendum, s’intende. Tema su cui conviene tornare per discernere, nelle critiche, quelle sul risultato della consultazione, quelle sulle modalità con cui si è svolta, quelle sull’istituto referendario in sé. Sul risultato di Brexit, abbiamo letto di tutto (e altro leggeremo): cause e conseguenze, accuse e pentimenti, rimedi da trovare e occasioni da cogliere.

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→  luglio 7, 2016


Al direttore.

Come se non bastassero quelli economici, sono politici i rischi che la questione bancaria sta facendo correre a Renzi. Se vuole avere l’esenzione dal bail-in dovrebbe sostenere che la crisi minaccia la stabilità finanziaria del paese: siccome la crisi non può essere il Brexit, che è a ogni evidenza una crisi sistemica, questo equivarrebbe a dire che è l’intero sistema bancario italiano a rischiare di essere trascinato a fondo dalla crisi di Montepaschi.

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→  giugno 28, 2016


E adesso, rifare l’Europa! L’abbiamo sentito dire un po’ da tutti, e già questo desta sospetto. Ma a preoccupare sono gli obbiettivi che vengono indicati e i mezzi che vengono suggeriti per realizzare il vasto progetto.

Rifare l’Europa per “fargliela pagare”: quanto più possibile e quindi quanto più presto possibile, bruciare i tempi del divorzio per eliminare subito i vantaggi che il Regno Unito trae dall’accesso al grande mercato europeo. Un po’ autolesionistica come proposta, dazi e protezionismi costano a chi li impone, e il conto lo pagano i consumatori. E pure arrischiata: nel mondo tira già un’aria di protezionismo, il maggiore aumento mai registrato dal 2009, quando il WTO ha iniziato a monitorarlo, un’aria che diventerebbe un tornado se Donald Trump dovesse vincere le elezioni. Un Paese come il nostro che ha un consistente avanzo della bilancia commerciale dovrebbe piuttosto badare a non essere lui a pagare.

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