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→  gennaio 29, 2010

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Mercoledì sera, la politica ha battuto un colpo. Ha detto: io sono il centro del mondo. Di nuovo

di Alberto Mingardi

La domanda è una sola: ma come fa a venire in mente un’idea così? Dico, agganciare lo stipendio dei manager delle società quotate all’indennità parlamentare. Quasi i manager fossero magistrati, o professori universitari: insomma impiegati dello Stato il cui salario, per questioni di senso e di correttezza istituzionale, potrebbe muoversi all’unisono con quello dei rappresentanti del popolo.
Come se il rapporto d’agenzia, azionista-manager, dovesse essere regolato da altre logiche che quelle autonomamente scelte da chi si assume il rischio d’impresa.

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→  novembre 22, 2009

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di Alberto Mingardi

In nome dell’acqua bene comune, viene sprecato ogni anno un terzo delle risorse idriche captate. Se si parte da questo dato di fatto, è difficile leggere nella vasta mobilitazione contro “l’acqua ai privati” altro che un tic ideologico.

Con il sì del Senato al decreto Ronchi “salva infrazioni comunitarie”, a partire dal 2011 i servizi pubblici locali dovranno in via ordinaria essere affidati tramite gara. Non è prevista alcuna “privatizzazione dell’acqua”: il tentativo del legislatore è semplicemente quello di razionalizzare la fornitura del servizio. E’ noto quali siano, perlomeno sulla carta, le virtù della gara rispetto all’affidamento “in house”: in primis, una maggiore accountability e meno conflitti di interessi per le Amministrazioni. Quello idrico è un ciclo chiuso:quanti si aggiudicheranno il servizio, si impegneranno a raccogliere l’acqua, renderla potabile, portarla ai rubinetti e smaltirla dopo averla depurata. La gara serve per rendere contendibile un monopolio tecnico, rispetto al quale l’ipotesi di replicare l’infrastruttura è poco praticabile. La parte in commedia assegnata ai privati è fare profitto sulla riduzione dello spreco, ponendo in essere investimenti che il pubblico non potrebbe permettersi o non saprebbe selezionare, per rendere più solide le reti e assicurando una gestione più lineare e imprenditoriale.

Che la riforma dei servizi locali sia andata a segno, è un merito non da poco del governo. Rispetto ai tentativi precedenti, però, bisogna anche segnalare che l’articolato di legge è meno netto sul tema dell’in house. Il ddl Lanzillotta (nella sua prima versione) avrebbe costretto gli enti locali a rimuovere gli impedimenti allo svolgimento delle gare. Con il decreto Ronchi, quest’obbligo non è contemplato e l’affidamento diretto è ancora ammesso sia pure in via “straordinaria” (in presenza di esigenze ambientali o sociali variamente declinabili), e previo parere dell’Antitrust.

L’altro nodo da sciogliere attiene il fronte della regolazione, sul quale non si segnala nulla di nuovo. Sorveglianza e valutazioni tecniche restano in capo ad una Commissione presso il Ministero dell’Ambiente, e alle Autorità di ambito territoriale ottimale. L’idea di un regolatore indipendente (o dell’attribuzione di funzioni specifiche all’Agcm, oppure delle competenze su acqua e rifiuti all’Autorità per l’Energia) per ora non è neppure sulla carta, ma è evidente che se la liberalizzazione deve implicare la “de-politicizzazione” un passo in quella direzione è auspicabile. Il rischio è altrimenti quello di creare delle nuove zone d’ombra fra privato e pubblico, che assieme legittimerebbero i peggiori sospetti e vedrebbero le imprese giocare un ruolo residuale, in buona sostanza finendo per assomigliare a una “burocrazia meno onerosa”. Si perderebbe così parte dei benefici dinamici della concorrenza, quelli legati all’applicazione della creatività imprenditoriale ad un certo settore – e quindi alle innovazioni nella fornitura di un servizio.

Per loro natura, le gare sono strumenti molto imperfetti per sostenere lo sviluppo di questo genere di competizione. Tuttavia, sono l’unica arma attualmente a nostra disposizione, ed è comunque incoraggiante che finalmente il Parlamento abbia cominciato un percorso. Ora si aprono altre partite, persino più vischiose, a cominciare da quelle per il controllo delle aziende municipalizzate quotate di cui dal 2015 il pubblico dovrà possedere meno di un terzo. Sempre che non si continui con la prassi dei rinvii, come verranno scelti e chi saranno i nuovi soci è una questione cruciale, e sarà la cartina di tornasole sia della capacità dei territori di adattarsi alle logiche di mercato, sia della volontà della politica di mollare la presa. Purtroppo le polemiche di questi giorni ci dicono che restiamo liberalizzatori riluttanti, e ci sfugge la lezione più importante. Cioè che è proprio perché si tratta di servizi essenziali, come il pane, che è meglio fare assegnamento sul mercato, che sulla benevolenza del fornaio o del politico.

ARTICOLI CORRELATI
L’acqua privata e le paure dei consumatori
di Franco Debenedetti – La Repubblica, 22 novembre 2009

Acqua, tutte le falle di un decreto
di Massimo Mucchetti – Il Corriere della Sera, 22 novembre 2009

La battaglia dell’acqua
di Paolo Rumiz – La Repubblica, 18 novembre 2009

→  ottobre 12, 2009

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di Alberto Mingardi

OUT: AZZARDO MORALE
La consapevolezza di essere assicurati incide sulla nostra propensione al rischio.
L’azzardo morale viene dal vocabolario delle assicurazioni ma ora è dappertutto.Il fatto che i regolatori siano disponibili e pronti ad offrire un paracadute distorce le decisioni degli attori economici, facendo entrare in campo altri fattori: la capacità di acquisire influenza politica, per esempio.
Il modo in cui il mercato impara dagli errori rallenta, perché nessuno è più responsabile dei propri e la propensione a prendere rischi viene falsata.

IN: SPECULAZIONE
Assieme con l’avidità, la speculazione è fra i “colpevoli” più accreditati della crisi finanziaria.
Speculazione viene da specula, la vedetta dei legionari, che a sua volta deriva da specere: guardare,osservare.
Lo speculatore è in effetti il tipo più puro di imprenditore: quello che compie delle scelte oggi, in vista di quello che immagina essere il cambiamento dei valori domani. I suoi profitti sono in misura delle sue diottrie.
Ma proprio nella ricerca egoistica del suo profitto, egli facilita i processi di apprendimento dei mercati.
Senza l’odiato speculatore, l’ampiezza e la liquidità dei mercati stessi sarebbero molto minori.

ARTICOLI CORRELATI
FRANCO DEBENEDETTI
di Franco Debenedetti – Il Sole 24 Ore, 12 ottobre 2009

→  marzo 13, 2009


a cura di Alberto Mingardi

Alberto Mingardi, Direttore Generale dell’Istituto Bruno Leoni, collabora o ha collaborato con svariati quotidiani e riviste, fra cui Wall Street Journal, Washington Post, International Herald Tribune, Financial Times, L’Agefi, Apple Daily, Economic Affairs, National Review, The Freeman, Markets and Morality.

Il capitalismo ha fallito: è questa la chiave di lettura più comune della crisi finanziaria.

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→  maggio 30, 2008


Cartello a perdere.
Assicurazioni, Antitrust e Scambio d’Informazioni

a cura di Alberto Mingardi
Prefazione di Franco Debenedetti
Rubbettino Editore, 2008
pp. 319


In un libro in cui si parte da sentenze antitrust in questioni riguardanti vari rami assicurativi, per discutere dei principi, teorici, ideologici e politici, su cui si basa l’attività antitrust stessa, e quindi sottoporne a critica i costrutti fondamentali, mercato rilevante, attività collusiva, quello stesso di concorrenza, giungendo infine a mettere in serio dubbio la possibilità di un antitrust che non sia distorcente del mercato; in un siffatto libro non può mancare una considerazione sulla situazione esistente fino a pochi anni fa in un Paese quale il nostro, in cui il 50% delle attività economiche erano intermediate dallo Stato, e di conseguenza per interi settori non aveva senso parlare di mercato e di concorrenza; e sviluppare alcune considerazioni sul ruolo che l’Autorità per la Concorrenza ed il Mercato ha avuto nella più grande trasformazione della nostra economia, vale a dire l’uscita dello Stato da gran parte delle attività finanziarie e industriali che esso gestiva.

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→  aprile 6, 2006

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Al direttore.
Confesso di aver letto, anch’io “non senza vergogna”, la lettera di Alberto Mingardi (Il Foglio di martedì): ancor più perché è un amico e un liberale.

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