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Su autostrade e rete unica si decide la politica industriale di Draghi. Scrive Debenedetti

Pubblicato il 25/02/2021 @ 14:38 in Giornali


Da come Draghi affronterà i due dossier rete unica e concessioni autostradali, si capirà finalmente il ruolo e il peso del capitale pubblico nelle imprese. L’analisi di Franco Debenedetti

Non bastasse quello del divieto di licenziamento, la lista dei temi ereditati dal governo Draghi in materia di rapporti con l’industria è affollata di problemi. Due spiccano tra tutti, la rete telefonica e la rete autostradale: da come verranno affrontati e risolti si capirà qual è la politica del governo Draghi su un tema cruciale, di politica economica ma non solo: il ruolo e il peso del capitale pubblico nelle imprese.

Per ora abbiamo quello che il premier disse nel discorso per la fiducia: “Il ruolo dello Stato e il perimetro dei suoi interventi dovranno essere valutati con attenzione. Compito dello Stato è di utilizzare le leve della spesa per ricerca e sviluppo, dell’istruzione e della formazione, della regolamentazione , dell’incentivazione, della tassazione.” Entrambi i temi, la rete unica e la cacciata dei Benetton, sono in alto nella sterminata lista dei “problemi identitari” del Movimento 5 Stelle. Come tali furono in passato trattati dai governi Conte, ancor oggi il Movimento è la parte numericamente principale (e non granitica) della maggioranza di governo: lo spazio di manovra è dunque ristretto.

In Tim, determinante è stata la decisione del governo Gentiloni, con Carlo Calenda ministro dello Sviluppo Economico, di fare entrare Cdp nel capitale di Tim. Una decisione quanto meno singolare, dato il ruolo di Cdp in Oper Fiber, costituita dal governo Renzi col dichiarato scopo di fare concorrenza a Tim. Nonostante col governo Conte la sua partecipazione sia salita al 10%, Cdp non è rappresentata in consiglio. Che il consiglio di amministratore uscente insieme all’azionista principale, Vivendi, le offra un posto nella propria lista, segnala la volontà di governare insieme di buon accordo.

E che Cdp accetti di partecipare al nuovo consiglio di amministrazione con il proprio presidente, vuol significare che l’offerta è apprezzata e la volontà condivisa. Gorno Tempini però vi può partecipare solo come manager, non come Presidente di Cdp. In caso contrario la Consob potrebbe considerarlo prova di un accordo tra le parti, e sommando le loro quote di partecipazione si supererebbe la soglia dell’Opa obbligatoria.

La vera partita è quella al livello inferiore, in AccessCo, la società che dovrebbe nascere come fusione tra Fibercop, la società in cui Tim ha apportato la parte terminale della propria rete (rete secondaria) insieme alle connessioni FTTH sviluppate anche con Fastweb. Anche qui i giochi sono in buona parte già fatti, tra Cdp e Tim è stato firmato il 31 Agosto 2020 un Memorandum of Understanding. Tim ha sempre sostenuto che mantenere la maggioranza nella proprietà della rete è condizione non negoziabile, Cdp quasi lo stesso nell’avere il potere di determinarne le strategie. Il Mou ne tiene conto: Tim è l’azionista maggioritario, Cdp ha la presidenza e la gestione delle strategie.

Nel frattempo il fondo americano Kkr ha acquisito una partecipazione in Fibercop, quello australiano Macquaire ha formulato una proposta per l’acquisto della quota Enel in Openfiber: i prezzi che ciascuna di loro ha pagato o si è impegnata a pagare (insieme alle relative warrant and representation) saranno di grande rilevanza nello stabilire il valore degli apporti di Tim e di Cdp e quindi le loro quote della nuova società. Non va inoltre dimenticato che questa, oltre agli asset oggi riconducibili a Open Fiber e a FiberCop (sostanzialmente la rete secondaria), dovrebbe ricomprendere anche la rete primaria ad oggi in mano a Tim.

Come andrà a finire? Per ora abbiamo solo la dichiarazione di Riccardo Fraccaro: “ci sembrerebbe assurdo, alla luce dell’ingente investimento e del fatto che Telecom (sic) eserciterà un ruolo primario per il futuro del progetto “rete unica”, che lo Stato rimanga a guardare lasciando mano libera a Vivendi”. Fraccaro è stato sottosegretario alla presidenza del consiglio con Conte. Sarebbe auspicabile che ora studiasse bene le parole , citate sopra, del premier del nuovo governo.

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