Se lo Stato fosse un'azienda

settembre 11, 2007


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore

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Burocrazia e Libro Verde

“Favorire un’effettiva e graduale riduzione del personale pubblico rimane la sfida degli anni a venire”. È il Governo a scriverlo, nel “Libro Verde sulla spesa pubblica”. L’Italia, vi si legge, è agli ultimi posti nella graduatoria di performance del settore pubblico, la spesa pubblica aumenta più che negli altri Paesi. Il debito pubblico che grava su tutto il Paese, autorizzerebbe a pretendere un pò di più di produttività dalla Pubblica Amministrazione. Perché non succede niente?

“Ritengo che […] una vera riqualificazione dei conti pubblici non possa essere compiuta senza la spinta congiunta di una passione politica e di una passione amministrativa”: a scriverlo, corsivo compreso, è il Ministro dell’Economia. Ma come non è nella benevolenza del birraio che confidiamo per il funzionamento dei mercati, così non è dalla “passione” che ci attendiamo la soluzione, ma dalla volontà politica. Questa sembra far difetto.

Al Convegno Ambrosetti, Piero Fassino proponeva di scambiare le garanzie di stabilità del posto nella P.A. con la mobilità: ma secondo il Libro Verde che aveva sul tavolo, “ la mobilità tra Ministeri è inesistente” e, nell’ambito di uno stesso Ministero, “in sei anni, cioè un quinto della carriera lavorativa […], solo un dipendente su cinque ha cambiato ufficio”. Nel 1997 i sindacati imposero che il “trasferimento”alle Province di 7000 dipendenti del Ministero del Lavoro si riducesse al cambiamento delle targhette sulle porte: non una sola seggiola si mosse. Per il Ministro della Funzione Pubblica, con l’informatica 4 su 10 dipendenti pubblici sarebbero superflui: bene le visioni di lungo periodo, ma quello su cui si misura il Governo è la capacità di portare ad esecuzione il piano di sfoltimento che viene annunciato.

Il Paese ha vissuto una trasformazione enorme, all’interno del settore manifatturiero e da questo a quello dei servizi, con una disoccupazione in calo. La mobilità da un’azienda all’altra non è stata opera di qualche pianificatore, ma si è attuata passando per il mercato, con le sue opportunità e le sue durezze. Chiunque ha ristrutturato un’azienda, sa che prima si riducono gli organici, e poi si ottimizza il funzionamento. Se la “passione amministrativa” non produce la mobilità, è perché non basta. Se non è servito il blocco del turn over, è perché da solo non funziona. Non hanno nulla da fare le 1200 persone che ricevono uno stipendio dall’Arsenale di Taranto, né quelle impiegate nelle direzioni regionali dei Vigili del Fuoco. La Flotta della Forestale Calabrese può navigare solo in un blog. Il PRA, lo ha detto il Ministro Bersani a Cernobbio, non assolve più ad alcuna funzione. Perfino al Ministero dell’Economia ci sarebbero, secondo autorevoli esperti, direzioni generali cancellabili senza conseguenze.

Riqualificare il lavoro di 4 milioni di persone è compito immane. Il Libro verde giustamente incomincia dal sistema di formazione del bilancio pubblico. Ma anche le difficoltà possono diventare pretesto per non fare: invece ci sono cose, magari minori ma di valore emblematico, che non richiedono né grandi “passioni”, né approfonditi studi, né meditate riforme, ma volontà politica. Si prova a schematizzare:

1. Il Libro Verde assume come obbiettivo la riduzione quantitativa del numero dei dipendenti. Bisogna andare oltre, farne uno strumento per la riqualificazione da fare, non beneficio delle riqualificazioni a venire.
2. Gli strumenti per creare l’analogo del mercato, con i suoi incentivi e le sue durezze, già esistono: il Testo Unico per il pubblico impiego del 2001 prevede trattamento degli esuberi e ammortizzatori sociali. Vi sono anche indicate le responsabilità dei dirigenti sulla congruità delle spese. Dato che è per questo che hanno uno stipendio 10 volte superiore a quello dei loro “dipendenti”, la sanzione in caso di non raggiungimento degli obbiettivi può arrivare al licenziamento.
3. Sta cambiando il “comune senso del pudore” politico. Le insofferenze verso illegalità, insicurezza, pressione fiscale si sono conquistate la dignità di temi di primo piano: bisogna farne tesoro, anche per evitare di riconsegnarli ai populismi di destra e di sinistra. Servono iniziative come quella di Pietro Ichino: il suo progetto, un’Autorità per la valutazione delle strutture e del personale pubblico, ha raccolto consensi come strumento per snidare i nullafacenti per scelta individuale, ma è congegnato anche per i casi di uffici dove quella di nullafacente è la job description.

Non basta la razionalità di consulenti ed esperti. Quando ha la fortuna di poter contare sulla passione civile dei cittadini, compito del politico è interpretarla e applicare la propria volontà a darvi risposta.

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