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Rinunciamo alla tassa di successione. Una proposta per il futuro governo

Pubblicato il 11/05/2005 @ 17:01 in Giornali,Il Riformista

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Idee. Eliminiamo da ora l’incertezza

Nel formare le decisioni di risparmiatori e imprenditori non contano solo gli atti del governo, contano pure i propositi dell’opposizione. Lo fanno tanto più quanto più probabile appare una sua prossima vittoria, e, più efficacemente che con i programmi che promette di attuare, conciò che fin da ora si impegna a non fare a non cambiare.
C’è in proposito un caso esemplare: l’imposta di successione.

Il governo dell’Ulivo, con la legge 342/2000 (collegato alla finanziaria), aveva già ridotto fortemente le aliquote ed ampliato la fascia di esenzione. Il governo Berlusconi, con la legge 18.10.2001 n. 383, eliminò del tutto le imposte su successioni e donazioni: il centrosinistra non solo fece allora la vivace resistenza che ci si aspetta che faccia una opposizione, ma iscrisse la legge nell’elenco delle “malefatte” esemplari del governo, lasciando intendere che si tratta di una stortura da raddrizzare.
Sarebbe un errore insistere: ora che la maggioranza degli italiani ne prevede una vittoria nel 2006, il centrosinistra dovrebbe impegnarsi a non modificare l’attuale legislazione.
Risulta infatti che incomincia a diffondersi una certa agitazione, che consulenti fiscali e banche stanno già sfruttando: perlustrano sistematicamente il mercato, offrono soluzioni tranquillizzanti a chi è già inquieto e prospettano scenari inquietanti a chi è ancora tranquillo. La soglia di attenzione sarebbe relativamente bassa, tutti i patrimoni stimati al di sopra di un milione di euro.
Di ciò il centrosinistra dovrebbe preoccuparsi. Non già per le conseguenze sul piano elettorale, essendo noto che le decisioni di voto sono il frutto di un insieme di valutazioni. Si può votare centrosinistra, temere che introduca l’imposta di successione,e intestare la casa al nipote. Può darsi che chi si premunisce contro l’introduzione della legge non avrebbe comunque votato centrosinistra, può darsi che il loro numero sia compensato dalla riconoscenza di avvocati, fiscalisti, banchieri, i soli che di sicuro si avvantaggerebbero della reintroduzione dell’imposta.
Di altro dovrebbe preoccuparsi il centro sinistra nella prospettiva di andare al governo, e cioè delle conseguenze dell’insieme di questi comportamenti, sui flussi finanziari, su un ulteriore aumento di opacità, sugli effetti distorsivi nelle allocazioni, sul minor rendimento del capitale.
Il suo effetto redistributivo è minimo, anzi proprio Joseph Stiglitz, presidente dei consiglieri economici di Bill Clinton, sostenne che le eredità hanno l’effetto di aumentare l’uguaglianza, soprattutto nel caso di proprietari di piccole aziende. L’unico effetto redistributivo certo é quello a favore di professionisti e gestori di patrimoni.
Negli USA la proposta della presidenza Bush di eliminare le tasse di successione è chiamata dai suoi oppositori “Paris Hilton Benefit Act” alludendo al fatto che l’unica ad avvantaggiarsene sarebbe l’erede della famosa catena di alberghi. Ma la signorina Hilton è una ricca ereditiera nonostante in USA l’aliquota sia del 45% e colpisca tutto l’asse ereditario oltre i primi 1,5 milioni di dollari esenti. Eppure il gettito è solo l’1,2% del totale delle imposte federali, pari a 22 miliardi di dollari. I super ricchi hanno sempre trovato i mezzi per evitare questa tassa che, a ben vedere, è una tassa regressiva.
L’imposta di successione é un’imposta ideologica: il suo gettito, prima della riduzione operata dal centrosinistra, era inferiore a 300 milioni di euro l’anno. Dimostrare che non si governerà indulgendo a ideologie populiste, é il vero “gettito” che la questione dell’imposta di successione può dare. Al centrosinistra e al Paese.

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