Riformisti, dove eravate?

ottobre 27, 2006


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore

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“Ma voi, quando il Consiglio dei Ministri votava la finanziaria, dove eravate? Perché parlate solo adesso?” La domanda di Prodi ai suoi alleati siamo noi a rivolgerla ai ministri riformisti che stanno al Governo. È bastata un’osservazione di Ciampi sulla “mancanza di missione” del Governo, pronunciata rompendo un lungo silenzio, perché tutti prendessero coscienza che il re è nudo: e tutti, Prodi in testa, corressero ai ripari.

Ma gli errori non succedono per caso, e questo va utilizzato per capire perché, invece di essere a quello che immaginiamo essere il loro posto, gli Amato e i Rutelli, i Bersani e i Letta hanno votato senza fiatare una finanziaria che hanno dovuto, prima vistosamente correggere, e poi frettolosamente puntellare con l’annuncio di qualche riforma. Quanto è successo va utilizzato inoltre per scoprire quali sono le dinamiche con sui si forma il consenso all’interno del Consiglio dei Ministri, e i reali poteri che vi dominano. Azzardo una spiegazione: tra le – semplificando al massimo – due componenti della coalizione presenti in quella stanza, quella antagonista e quella riformista, la mediazione di Prodi non si situa in qualche punto a metà strada tra le loro posizioni, ma arretrando, fino a trovare una piattaforma ideologica comune ad entrambe; e la mediazione si compie grazie all’azione di una forza esterna di riconosciuta autorevolezza.

Prendiamo il caso della Finanziaria. La mediazione sulle riforme, tra sinistra antagonista e sinistra “di governo”, è rigore al posto delle riforme. Non quali riforme fare e in che modo farle, ma sparecchiare il tavolo, e trovare l’accordo su un piano diverso, il rigore, i sacrifici: al dunque, le tasse. Non l’alternativa tagli o riforme, al centro di una curiosa polemica estiva, ma la rinuncia agli uni e alle altre in nome del rigore. Vale a dire, la mediazione che corrisponde alle profonde ed antiche convinzioni, anche etiche, di tutte le parti intorno al tavolo. Compreso Tommaso Padoa Schioppa, il severo banchiere centrale, che alla Camera condanna gli evasori fiscali come peccatori contro il settimo comandamento, mentre derubrica i pessimi servizi resi alla PA a deplorevole inconveniente. E’ grazie alla messa in gioco del suo prestigio personale che le forze in Consiglio convergono sulla priorità del rigore. Dove eravate? eravamo sul piano culturale comune alla sinistra dell’etica e della redistribuzione e alla sinistra dell’“invidia sociale”.

Una cosa analoga si sta verificando per la legge sulla televisione. Qui, il ruolo antagonista è svolto dagli antiberlusconiani in servizio attivo permanente, quelli dei forum di Micromega, che, all’occasione, non disdegnano di avvalersi dei contributi di persone anche non di sinistra come Marco Travaglio, portato sugli scudi da Barbara Spinelli nel suo editoriale di domenica scorsa su La Stampa. Gli antiberlusconiani doc vogliono punire Berlusconi dichiarandolo ineleggibile e mozzando una mano (almeno) a Mediaset. La componente moderata non vede l’urgenza di impelagarsi nel conflitto di interessi, vorrebbe una riforma che attrezzi il Paese per la rivoluzione delle trasmissioni digitali delle informazioni che sta agitando il mondo delle tlc. Il compromesso si raggiunge con un baratto, l’ossessione antiberlusconiana in cambio del pregiudizio antitelevisivo; si rinvia (per ora) il tema del conflitto di interessi, e si pone un limite al fatturato delle imprese televisive. Il quadro culturale comune è la diffidenza verso la “televisione cattiva maestra” e la propensione dirigista a imporre tetti ed elevare steccati. E’ grazie alla reputazione di moderato di una persona come il ministro Gentiloni che le forze in campo riescono a convergere. Dove eravate? Eravamo sul piano in cui si trovano fianco a fianco la sinistra dirigista e gli autonominatisi eredi di Popper e Bobbio.

Adesso si sono svegliati: “coinvolgiamo tutti o rischiamo grosso” dice Prodi. Sa che, favorevoli e contrari alle riforme, tutti gli alleati hanno un obbiettivo in comune: non far cadere il governo. Il ruolo che ha svolto il prestigio di Tommaso Padoa Schioppa nella finanziaria, la moderazione di Paolo Gentiloni nella riforma televisiva, nella nuova fase del percorso governativo verrà svolto da Bruxelles, il solito vincolo estero. Il Governo ha annunciato che inizierà dalle pensioni, ed ha diritto al beneficio di una fiduciosa attesa. Ma è chiaro che voler restare in piedi è cosa assai diversa da una missione. Se il compromesso verrà raggiunto sul piano dell’interesse comune a non far cadere il Governo, se il quadro culturale entro cui si definiranno le riforme sarà quello di durare, è lecito avere dei dubbi sulla qualità di ciò che verrà proposto.

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