Renzinomics al microscopio

novembre 11, 2015


Pubblicato In: Giornali, Il Foglio


Per bene che il prodotto sia progettato, il successo dipende dal funzionamento della macchina, cioè la Pa.

Non l’ho studiata, la legge di Stabilità, ma ne ho letto le analisi degli editorialisti, ne ho sentito le sintesi di personaggi che hanno l’indirizzo “@governo.it”, gli uni a rivendicare i fini, gli altri, perlopiù, a criticare i mezzi. La legge infatti è un manifesto politico, che sulla base di qualche punto di decimali – come ha sottolineato Luca Ricolfi sul Sole 24 Ore di domenica scorsa – estrapolati dai dati degli ultimi trimestri, si propone di non alienarsi Bruxelles, di infondere fiducia negli italiani e, soprattutto, di conquistare i consensi che permettano a Renzi di fare le cose che, se le fa giuste, confermeranno le tendenze che si intravvedono. L’Imu-Tasi, le pensioni, i contanti, gli incentivi non sono singolarmente né giusti né sbagliati, conta solo l’effetto che farà il concerto dei vari strumenti: la finanziaria è un documento rivolto all’esterno.

Manca invece l’altro discorso, quello rivolto all’interno. Lo si può ricostruire, certo, ma manca come analisi operativa e come sintesi retorica: non c’è l’interlocutore e non c’è il discorso.

Guidare un paese non è come condurre un’azienda: ma, per antico riflesso, ritengo che per bene che il prodotto sia progettato e presentato, il successo dipenda dal funzionamento della macchina, in questo caso della macchina della Pubblica amministrazione. L’osservazione va oltre il tema della spending review che pure ha sollevato interrogativi che ancora attendono una risposta che non sia il succedersi di abbandoni dei commissari (è di due giorni fa quello di Roberto Perotti, il quarto, uno all’anno). A mancare è la definizione dell’obiettivo, l’altezza a cui si pone l’asticella. Costi standard? Certo, ma già lo sappiamo che quello che al Nord non va bene, al Sud va peggio. Paragoni con altri paesi? Ottimi per illustrare le differenze tra sistemi sociali e giuridici; di poca utilità per indicare il sentiero che tocca a noi percorrere. La spending review guarda ai costi: ma oltre che tagliare il superfluo bisogna individuare il necessario, cioè il senso di che cosa fa la Pa e il modo di farlo. Si chiama reingegnerizzazione delle funzioni.

A puro titolo di esempio: la proposta di tagliare del 50 per cento le spese destinate all’informatizzazione della Pa, il decreto che ha ordinato il taglio lineare del 5 per cento a beni e servizi acquistati dalla Sanità pubblica, sono entrambi dimostrazione della strumentalità del discorso interno rispetto a quello esterno. Nel mare interno non è facile navigar controvento, c’è sempre il rischio di schiantarsi sugli scogli, quello affiorante del corporativismo degli insegnanti, quello erto e scosceso dell’”ordine” di giudici e Pm: solo il faro del senso complessivo di che cosa deve fare l’amministrazione, dei servizi che deve rendere ai cittadini può aiutare a superarli senza far naufragio.

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