Rai-Telecom: tanti dubbi su quelle nozze

aprile 13, 2000


Pubblicato In: Giornali, Panorama


Con e-Biscom era la fuga d’amore; con Wind il matrimonio combinato; ora con Telecom dovrebbe essere un’unione per interesse.
La RAI continua a cercare un partner per allargarsi in campi al di fuori della sua attività istituzionale, radio e televisione.

Con la creatura di Scaglia e Micheli, e con il gigante di Tatò , RAI cercava di entrare nel business dei telefonini di terza generazione: sarebbe stata un’enormità, scrivevo su Panorama, se una società pubblica al 100% come la RAI avesse influenzato il risultato di una gara per la concessione di un bene pubblico quale lo spettro delle frequenze elettromagnetiche. Ora con Telecom sarebbe invece in gioco una partecipazione in quella che si annuncia come la più grande società di Internet italiana, che nascerà dalla fusione di tin.it e della Seat. Tutto regolare dunque?
RAI possiede film, spettacoli sportivi, varietà, concerti, informazioni di ogni genere, contenuti che fanno gola a chi vuole attrarre i viaggiatori sulla rete, indurli ad attraversare il proprio portale, ed a soffermarsi nel proprio mondo virtuale. Logico che la RAI cerchi di mettere a profitto questo straordinario patrimonio, e di usarlo per conquistarsi uno spazio nei nuovi business sulla rete. Rai ha conferito il diritto di sfruttamento di questi programmi ad una società separata, Rainet. Ma la produzione di quei programmi è stata finanziata con i soldi dei cittadini, tramite quella particolare tassa che ha il nome di canone.
La RAI si è munita di un parere legale secondo cui il canone sarebbe finalizzato solo a pagare la produzione dei programmi: una volta che essi siano stati realizzat e mandati in onda, cesserebbe a ogni ulteriore obbligo per RAI. La questione ha anche riflessi importanti sul piano bilancistico, il valore del magazzino prodotti è una posta importante nel patrimonio di tutte le major. Sostenere che il canone paga il servizio universale, e che quello che resta è lasciato gratuitamente alla RAI, che può disporne come crede per lo sfruttamento commerciale, appare alquanto ardita. Comunque non si può far finta di niente e non riconoscere che proprietà pubblica, servizio universale e canone producono vincoli alla libertà contrattuale RAI.
Il primo vincolo riguarda i rapporti con i suoi possibili clienti, Se RAI assicura al suo partner vantaggi nello sfruttare i suoi contenuti – un’esclusiva o una prelazione, gli altri protesterebbero, perché si sentirebbero discriminati nell’uso di prodotti che sono stati realizzati con le loro tasse.
Per parare le accuse dal lato dei suoi clienti, la RAI potrebbe decidere di offrire i propri contenuti a tutti. Ma solo per incappare in una difficoltà dal lato dei suoi concorrenti, cioè degli altri fornitori di contenuti. I quali troverebbero ingiusto subire la concorrenza di prodotti pagati con tasse dei cittadini; non è forse anche questo uno di quegli aiuti di Stato ai quali il Commissario Mario Monti rivolge particolare attenzione?

Questi problemi riguardano la RAI pubblica: che però potrebbe coinvolgere anche la privatissima Telecom in qualche antipatica bega. L’accordo prevederebbe uno scambio azionario, quote di Rainet contro quote di Seat tin.it.. Ma il valore di delle aziende Internet sono difficili da valutare con i criteri tradizionali; e così pure quello della preferenza accordata nello sfruttamento dei contenuti.
Trattandosi di un’azienda pubblica, sia i concorrenti di Telecom sia quelli di RAI potrebbero chiedere di dimostrare la congruità dello scambio, esercizio non sprovvisto di rischi. Ma il rischio vero per Telecom è più remoto e più insidioso. Perché RAI é un’azienda pubblica molto particolare: il suo consiglio di amministrazione é nominato dai politici, sul suo operato vigila una commissione parlamentare, le nomine dei direttori di testata sono affare politico, l’intera azienda, dicono i conoscitori, é lottizzata fino ai fattorini.
E allora per Telecom un consiglio e sulla RAI un giudizio. Il consiglio è di ricordare che un socio con una struttura elefantiaca e politicizzata é piombo nelle ali per chi vuole prendere il volo nella new economy. Il giudizio è che anche se il direttore generale della RAI Pier Luigi Celli ha posto le attività diverse dalla televisione in una società separata, nessuna barriera vale oggi a neutralizzare la proprietà “politica”, e nessuna alchimia societaria varrà domani a nasconderla. Peccato, perché, senza quei vincoli e quelle contraddizioni, RAI avrebbe qualche buona carta da giocare.

Invia questo articolo:
  • email
  • LinkedIn



Stampa questo articolo: