Questa sinistra potrà vincere con più mercato

luglio 27, 2004


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore

sole24ore_logo
“Non siamo una coalizione con un proprietario, il programma verrà ascoltando la gente e non prima, anche se dovrà essere forte e alternativo”. A stretta misura, le parole pronunciate ieri da Romano Prodi sembrano eludere, la secca alternativa posta da Guido Gentili domenica sul Sole: “Il solo collante antiberlusconiano non porta lontano, sulle cose da fare non si scherza e diteci tra Bertinotti e Salvati qual è la linea”.

In realtà, non è così. In queste settimane siamo stati tutti spettatori di una svolta. L’appannarsi del traino elettorale impersonato fisicamente da Silvio Berlusconi, sino alle europee tradottosi in una leadership indiscussa nella coalizione di cui è stato fondatore e che ancor oggi guida. La ridefinizione dei rapporti di forza all’interno della maggioranza, esplosa dopo le elezioni europee ed amministrative, appare ad oggi più rinviata che conclusa. Ma chi si ferma alla deprecazione delle sue forme bizantine mostra di ignorare la presa cementizia sin qui assicurata nel centrodestra da un leader che così ha svolto un ruolo determinante, per questa sua forza, ai fini dell’affermazione di quel centauro che resta il bipolarismo italiano. Ma come il centrodestra non è detto abbia affatto forza e capacità di venire a capo di una leadership ormai ferita, così il centrosinistra non è pensabile possa liberarsi da un giorno all’altro del collante che sin qui l’ha tenuto insieme, innanzitutto l’antiberlusconismo.

E’ vero: le “tavole della legge” della sinistra non sono ancora state scritte. Quelle della destra, invece, sono ormai spezzate, sotto il peso di rinvii e contraddizioni. Ora la sinistra dovrà abituarsi a fare i conti con un nemico che non appare più vittorioso, in primis ai suoi. Credo che questo possa molto aiutare, per avere entro fine anno risposte serie alle domande programmatiche poste da Gentili. Mi spiego. Finché il no a Berlusconi prevaleva su tutto, abbiamo perso un anno a parlare di impoverimento del ceto medio e di declino; negli scontri elettorali le cifre delle statistiche venivano lette in modo contrapposto e altrettanto strumentale, con una lente deformante a seconda delle convenienze. La fine del mito-Berlusconi consentirà anche a sinistra di concentrarsi sulla realtà oggettiva: a cominciare da come concretamente disegnare una politica capace di accelerare l’aggancio dell’Italia alla ripresa del commercio internazionale. In un paese serio, il dato dell’ultimo mese sulla ripresa dell’export italiano dovrebbe essere il perno di quella “grande alleanza per crescere insieme” di cui ieri sera Montezemolo ha parlato al tavolo del DPEF, a Palazzo Chigi. Per le imprese italiane, e per il paese, sarebbe molto più interessante chiedere, al centrodestra come al centrosinistra, che cosa hanno in mente per dare finalmente vigore a questa piccola ma incoraggiante crescita, dopo una lunga fase di rallentamento al di sotto dei nostri partner dell’area “core” dell’unione europea. Qualcosa che sia immediatamente, o rapidamente, utile, oggi, prima che iniziative, certamente interessanti come quelle ricordate da gentili sul modello Canada Research Chairs, diano il loro frutto.

E’ certo che nel magma che compone il centrosinistra si muovono correnti che sono lungi dal convergere in un flusso coerente, in una direzione univoca. E’ legittimo che ci si chieda se questo sia possibile: io arrivo a chiedermi addirittura se sia desiderabile. Ma, in questa fase, molte affermazioni, radicali nel contenuti e perentorie nei toni, hanno il solo scopo di piantare bandierine sul terreno. La battaglia vera non si giocherà con i “libretti di Mao” dei programmi o delle tesi, ma sul profilo politico, sull’identità della coalizione; in ultima analisi sulla figura del leader, e sulla sua capacità di imporsi sulle varie componenti, giocando tra i rapporti di forza e le convenienze delle varie componenti. Logico chiedersi quali saranno i rapporti con la/le sinistre radicali, dai Verdi a Rifondazione, non solo in tema di programmi,ma anche di collegi – essendo escluso che si possa riproporre la desistenza -; ma per la stessa logica si dovrà anche riconoscere l’importanza dell’aver dato vita alla formazione Uniti nell’Ulivo, proprio ai fini di poter definire, da posizioni di forza, il programma di governo.
“Magari potremmo anche vincere per i demeriti di Berlusconi, ma credo che alla fine dureremmo pochi mesi”, dice Enrico Letta citato da Guido Gentili. Potremmo addirittura non andarci al governo: che strategia ci inventeremmo se il centrodestra ci facesse lo scherzo di non ricandidare Berlusconi?
Le “tavole della legge” del centro sinistra chieste da Gentili verranno per conseguenza. Chi come me crede in più mercato e concorrenza, non può nascondersi il danno che a questa causa ha inflitto un centrodestra che li rende ancor meno popolari. Sarà ancor più difficile per l’ala “blairiana” della sinistra italiana far pesare la propria voce, sull’ideale monte Sinai dove verranno fatte le scelte programmatiche. Ma non fosse che per raccoglier in pieno la sfida a uno scatto di reni per lo sviluppo che viene lanciata alla politica congiuntamente oggi proprio da confindustria e Abi, sarebbe suicida tanto una sinistra che decidesse di volger loro le spalle, che la mera riproposizione da parte sua di una “virtù sociale del mercato”: perché quella virtù noi sappiamo che esiste, ma in concreto agli italiani nessuno l’ha saputa mostrare, sin qui.

Invia questo articolo:
  • email
  • LinkedIn



Stampa questo articolo: