Presidenze e posti nei Cda: il ribaltone del sottogoverno

luglio 12, 1999


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore


La presenza pubblica degli enti locali nell’economia

Il comune di Bergamo ha un consigliere nella Aler, e due nella Galleria d’Arte Moderna, la Provincia uno nella Casa dell’Orfano: a quale filosofia risponde tutto ciò? Il comune di Bologna nomina due consiglieri dell’aeroporto Guglielmo Marconi, uno del Centro Agroalimentare, e due della Fondazione Cassa di Risparmio: in base a quale logica economica?

A scorrere i dati qui accanto pubblicati ed analizzati, ciò che stupisce é al tempo stesso il tanto e il poco, la vastità dell’area interessata e l’esiguità della presenza. Ed é da questa apparente contraddizione che emerge il modo di essere e la ragione politica di questa particolare forma della presenza pubblica nell’economia: quella degli enti locali.
Ci sono state ( ci sono) le imprese pubbliche: da Nitti a Mattei, da Saraceno a Nobili, hanno avuto i loro fasti e nefasti, alcuni ne hanno esaltato la funzione positiva, altri ne hanno dimostrato gli effetti negativi. Ma nella maggior parte dei casi qui analizzati non si tratta di importanti imprese economiche.
Alcuni sostengono che é bene che il capitale pubblico rimanga per un certo periodo in un’azienda in corso di privatizzazione, come per l’ENI o per certe Casse di Risparmio; e anche chi come me non condivide queste ragioni pure le comprende. Ma questi casi sono quasi assenti dalla fotografia qui pubblicata.
Esiguità e vastità; comandi ripartiti e controlli incerti; presenza senza responsabilità, vigilanza senza garanzia. Non c’è nessuna ragione economica o giuridica dietro questa “governance”, nessuna filosofia del ruolo dell’intervento pubblico. C’é solo una ragione; ad essa é funzionale la presenza, che consente di fare e di chiedere piccoli favori, un legame discreto che all’occorrenza può farsi sentire, un controllo che può essere compiacente od occhiuto.

Qui accanto sono elencati centinaia di posti da consigliere, da sindaco, da revisore, che dovranno cambiare con i cambiamenti di maggioranza. Nulla da eccepire, il sistema dell’alternanza implica una qualche forma di spoil-system, le amministrazioni elettive che hanno potere di nomina, ne rispondono anche, e quindi devono poter scegliere, nominare e revocare. Ma dietro a questo tourbillon di nomine stanno centinaia di decisioni ciascuna delle quali tocca a diverso titolo ed in diverso modo i politici che hanno il potere di nomina, i referenti politici dei candidati, giù giù fino alle loro segretarie ed autisti. Un processo che coinvolge migliaia di persone. Ed é in questo processo che consiste la vera natura di questa forma di “intervento pubblico nell’economia”. Non si vuol passare per ingenui, né si ha corta memoria, dietro a tante piccole battaglie ci sono certo interessi leciti e forse intenzioni illecite. Ma si ha il sospetto che questo venga dopo e che, almeno in questa fase, nella mente di chi decide la priorità non l’abbia l’attività dell’Aeroporto, il profitto del Centro agroalimentare, la manutenzione dell’autostrada: oggi la posta sono i posti.

La società mista pubblico-privata é l’istituto funzionale a questa politica. E’ un isitituo che nasce da un equivoco e finisce in un inganno. L’equivoco é che essa consentirebbe insieme di garantire la tutela dell’interesse pubblico, e di assicurare l’efficienza della gestione privata. Ma poichè l’interesse pubblico in pratica vien fatto coincidere proprio con ciò che contrasta con l’efficienza (dipendenti privilegiati, assunzioni, fornitori della real casa) ciò a cui si dà luogo é uno scoambio, per cui il pubblico garantisce al privato condizioni di favore quando non di monopolio sul mercato, e il privato in cambio offre l’immagine della professionalità.

La società pubblico-privato é la risposta apparentemente plausibile agli inconvenienti del far coincidere servizio pubblico con servizio fornito dal pubblico; é la risposta sbagliata alla giusta esigenza di tutelare e promuovere gli interessi pubblici. E’, nella migliore delle ipotesi, la manifestazione della debolezza reale del pubblico, della incapacità delle amministrazioni di tutelare questi interessi con la forma del contratto, del regolamento, delle clausole del regime di autorizzazioni, restando rigorosamente altro rispetto alla gestione. L’ente locale che ha un suo rappresentante in consiglio crede di determinare le scelte dell’azienda, in realtà ne diventa corresponsabile: il consigliere d’amministrazione deve deliberare solo in funzione dell’interesse della società, e se questo é in conflitto con quello dell’azionista si deve astenere.
La privatizzazione delle aziende locali é oggetto di diverse proposte di legge, una anche mia, il governo ha predisposto un suo progetto. Il continuo slittare dell’inizio della discussione é il classico segnale che precede roventi battaglie. Questa pagina del Sole spiega eloquentemente il perchè.

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