Piano a usare l’antitrust come una clava

giugno 29, 2000


Pubblicato In: Giornali, Panorama

L’antitrust è diventato un argomento popolare, ultimamente. La maximulta inflitta ai petrolieri dalla nostra autorità, e la condanna di Microsoft da parte del giudice americano Thomas Penfield Jackson sono due vicende di fortissimo impatto.

In realtà le due vicende sono radicalmente diverse: in un caso ci sono aziende che hanno colluso tra loro per fare un cartello di prezzi, nell’altro c’è un’impresa che rivendica come legittima una politica di prodotto che per il giudice è abuso di posizione dominante; in un caso il rimedio è economico – una multa -, nell’altro strutturale – lo smembramento dell’azienda.

Lo Sherman Act del 1890 mirava a spezzare il monopolio del petrolio: ma durante un secolo sono variati enormemente i modi in cui esso è stato interpretato.
Da noi la legge non dà all’Antitrust il potere di intervenire sulle dimensioni aziendali. Avremmo avuto l’occasione di farlo all’atto della privatizzazione, ma ad impedire ai Governi di smembrare i monopoli di stato sono stati proprio i sindacati: per Telecom prima e poi per l’Enel e ora per la separazione proprietaria della rete gas dell’ENI.
Negli USA ci si chiede se strumenti così drastici siano utili in settori in cui la tecnologia rimette sempre in discussione i poteri di mercato. E resta l’interrogativo di fondo: non è una contraddizione intervenire d’autorità sul mercato per difendere il libero mercato? non c’è il rischio che l’autorità finisca per disegnare il mercato secondo i propri criteri?
Questi dubbi sembra che non sfiorino un osservatore d’eccezione: “esulta Guido Rossi, artefice della legge anti-monopolio” è l’occhiello della sua intervista a La Repubblica del 12 Giugno. E si lascia andare a bellicosi propositi.
Anche Amato, da presidente dell’antitrust, predicava che la lotta contro i monopoli è di sinistra; ma non voleva certo eccitare a usare la legislazione antimonopolio come una clava contro l’industria.
Guido Rossi non è un neofita, il suo entusiasmo è funzionale alla parte politicamente più tagliente del suo discorso: quella in cui, dopo Amato, Ranci e Spaventa, attacca il Governatore Fazio, colpevole di avere usato i poteri di Antitrust bancario che la legge gli conferisce “con conseguenze nefaste”. Giudizio, proprio in questo contesto, paradossale: perché sia Fazio nelle note vicende Sanpaolo-Banca di Roma, o Credit-Comit, sia il giudice Jackson nel caso Microsoft hanno usato le stesso criterio, hanno ritenuto che un certo assetto proprietario fosse negativo per il mercato. E quanto al merito, il giudizio è in entrambi i casi opinabile.

La realtà è che l’intensificarsi degli attacchi contro il Governatore da parte di personaggi che non fanno mistero della loro fede politica ha ragioni che non attengono alla prudenza con cui ha esercitato le funzioni che la legge gli assegna, ma piuttosto alle sollecitazioni che gli provengono per un suo diretto coinvolgimento in politica. Ma poiché queste ipotesi non nascono da Bankitalia bensì dalla politica e dalle sue debolezze, è ad essa e non al Governatore che le critiche andrebbero rivolte.

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