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Perché conviene cedere Stet a pezzi: si incassa di più e non si perde tempo
Pubblicato il 16/02/1996 @ 12:50 in Giornali,Il Sole 24 Ore
Sulle ragioni per vendere separatamente le aziende facenti capo alle sub-holding Stet e Finmeccanica non sarebbe neppure il caso di ritornare, tanto esse sono forti: il maggior valore che così si fa emergere, stimato in 10mila miliardi, gli investitori in tutto il mondo preferendo aziende focalizzate alle conglomerate; la vivacizzazione della Borsa, arricchita dalla presenza di un maggior numero di valori; assetti di settore più aperti a soluzioni concorrenziali e liberati dalle opacità dei rapporti infra-gruppo. Tutti argomenti già sostenuti in un precedente articolo («Il Sole-24 Ore» del 2 febbraio scorso). Ma poiché l’amministratore delegato Stet, Ernesto Pascale, obietta («Corriere della Sera» del 7 febbraio) che questo processo introdurrebbe un ritardo di quindici mesi per sole «operazioni fiscali e di scorporo», si riprende l’argomento più in dettaglio. Risulterà dimostrato il contrario: il guadagno di tempo è una ragione Che si aggiunge a quelle già esposte a favore della vendita per aziende separate.
L’Iri ha tutti i poteri per attuare un piano che va nella direzione di quanto indicato da due successivi Parlamenti e da quattro successivi Governi.
La procedura da seguire dovrebbe essere quella della scissione e successiva fusione, fiscalmente neutrale per i percettori delle azioni. Le relative operazioni societarie devono essere deliberate da assemblee straordinarie di Stet e delle società da vendere per:
Tempo richiesto: due mesi per l’omologa da parte del Tribunale, costituendo fidejussioni a favore dei creditori, o acquisendone il preventivo consenso, e ciò sia per la scissione che per la fusione, per un totale quindi arrotondato a cinque mesi per le operazioni societarie.
Queste operazioni riguardano: Telecom, Tim, Sirti, Elsag, Bailey, Ansaldo trasporti, tutte già quotate.
Per le Pagine Gialle, le operazioni di scorporo e scissione stanno esse pure nel termine di cinque mesi, non dovendosi in tal caso procedere alla fusione. Per esse, come per Finsiel, la quotazione potrebbe avvenire in ulteriori due’ mesi.
L’Iri risulterà proprietaria di:
I tempi delle successive dismissioni, variano a seconda delle società e delle procedure che saranno adottate: è ragionevole che vendite mediante Opv possano essere concluse in tre-quattro mesi per Tim, Sirti e Pagine Gialle, mentre trattative dirette sarebbero preferibili per Elsag e Ansaldo (tempo sgi-nove mesi). Più istituzioni finanziarie, lavorando in parallelo tra loro, possono iniziare le operazioni di collocamento e vendita dal momento di varo del piano: il tempo necessario per concludere la vendita risulta così sovrapposto a quello per le -operazioni societarie. (Per Italtel la verosimile presenza di patti di prelazione fa prevedere tempi più lunghi).
Si possono ora paragonare le due strade.
— Valori per circa l2mila miliardi con incassi che iniziano dopo sei e si concludono dopo dieci mesi dal via. Realizzabili in tempi certi, senza necessità di ulteriori passaggi in Parlamento;
— Valori per circa 9mila miliardi vendibili entro sei mesi, ma soggetti all’alea della data di varo dell’Autorità.
Per Stet, si adegua la marcia di tutto il convoglio sul vagone Telecom: il più lento, perché la concomitanza con la vendita di Deutsche Telekom e la dimensione dell’investimento imporrebbero la vendita per tranche successive; il più incerto perché subordinato all’attuazione della norma relativa all’Autorità, di competenza parlamentare. Per Finmeccanica, si fanno subire anche alle aziende civili le difficoltà oggettive che presenta la vendita di aziende del settore difesa.
Conclusione: per oltre la metà dei ricavi-attesi il processo è certo e più rapido, per il restante il tempo è alla peggio uguale a quello per la dismissione delle sub-holding nella loro interezza.
È vero quindi proprio il contrario di ciò che afferma l’amministratore delegato Stet: il processo non solo non si allunga di quindici mesi; ma può concludersi in un tempo inferiore all’aumento del tempo che Parcale considera necessario per le sole operazioni preliminari. Così come non si avrebbe “svendita”, ma espressione di plusvalenze per 10mila miliardi. Di fronte a chi afferma, oggi, che sono i tempi tecnici a rallentare- le privatizzazioni, è giocoforza affrontare la radice strutturale di questi ritardi, chiedersi cioè in modo esplicito: se l’obiettivo è quello di vendere, le attuali strutture Iri, Stet e Finmeccanica (ma non solo: si pensi alla Sme di ieri e alle Autostrade di oggi, vedi caso sotto lo stesso top-management) aiutano o rallentano il processo? Queste strutture derivano la loro ragione d’essere dalle strategie di gruppo che perseguono; perseguire disegni strategici diventa allora necessario per giustificare la loro esistenza. Solo che le strategie, normalmente, costano. Così, mentre l’Iri agonizza sotto il peso dei debiti, Finmeccanica si espande con l’acquisizione della Hartmann & Braun, Stet investe nel progetto faraonico di cablare l’Italia, nonostante ciò sia visto con sospetto proprio da quel Van Miert a cui sarà giocoforza ricorrere per l’atto finale di liquidare ciò che sarà rimasto dell’Iri.
Chí, tra Governo, vertici di Iri e sue sub-holding, ha rappresentato il costo di questi ritardi, chi ha proposto, sostenuto, attuato soluzioni che valessero a ridurre il buco che alla fine saranno i contribuenti a dover riempire?
L’Iri ha tutti i poteri per attuare piani siffatti, che realizzano le indicazioni di due successivi Parlamenti e di quattro successivi Governi.
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