Non sono favorevole all’operazione Telefonica, ma quanti argomenti sbagliati sulla vicenda

settembre 26, 2013


Pubblicato In: Giornali, Huffington Post

-
Sono in prevalenza negativi i commenti giornalistici sulla vicenda Telecom-Telefonica. Si va dal diffidente “questo presepe non mi piace” al perentorio “questo matrimonio non s’ha da fare”. Sono valide le ragioni contrarie all’operazione? Esistono strumenti per impedirla? Con quali le conseguenze?

Primo argomento: la rete telefonica è strategica per la sicurezza nazionale. Suona un po’ strano, dato che sappiamo che le nostre comunicazioni, per anni intercettate da Echelon, oggi lo sono dal più perfezionato Prisma (grazie al SW di un italiano). Se qualcuno volesse sabotare la rete, il Governo ha gli strumenti giuridici e militari per impedirlo. Se si tratta di far la voce grossa, è molto più facile farla con uno straniero ricco che con un italiano povero, ma con buone relazioni. L’inconsistenza della tesi rende ancora più ingiustificabile il ricorso alla golden share: perché al momento non c’é, perché Telefonica è europea, perché l’Unione Europea in generale la proibisce, e solo in casi eccezionali la tollera. Come si fa da un lato a reclamare gli eurobond in nome della solidarietà europea e dall’altro a bloccare il libero movimento dei capitali che dell’Europa è pilastro essenziale? Con che faccia decretano oggi i decreti attuativi che non si son fatti mesi fa? E poi magari te li ritrovi nei seminari a parlare di giustizia e di velo di ignoranza!

Secondo argomento: questa operazione nuoce all’azienda e nuoce al sistema industriale italiano. Chi lo dice? Nel sistema capitalistico che cosa sia bene per le loro aziende lo dicono i proprietari, nel rispetto delle leggi vigenti. Un’azienda sottocapitalizzata, e Telecom lo è, o fa un aumento di capitale o vende asset: gli amministratori propongono cosa fare, gli azionisti votano. Poiché qui non sono minacciati beni costituzionalmente rilevanti quali lavoro, salute, paesaggio, patrimonio artistico, non c’è ragione che legittimi un intervento del governo. Letta ha subito ricordato che questa è un’azienda privata. Come si fa a chiedere agli stranieri di investire in Italia, senza dare la certezza che in Italia vale la rule of law, nella fattispecie il diritto di proprietà? Gli stranieri leggono anche i nostri giornali: già ci portiamo addosso la non immeritata fama che il nostro sia il capitalismo del salotto buono, vogliamo dargli la dimostrazione che c’è anche un’opinione pubblica ostile? Dopo il messicano e l’americano è la volta dello spagnolo? Eppure in Spagna non hanno accolto così Enel quando ha comperato Endesa. Eni vorrebbe comperare una consistente quota di Gas Natura Fenosa: la accoglieranno a braccia aperte?

Peggio ancora per la questione dell’OPA: la legge definisce i casi in cui la si debba lanciare affinché del maggior valore atteso dal cambio di proprietà si avvantaggino tutti gli azionisti e non solo quelli di controllo. A guardia della legge c’è un’Autorità indipendente, la Consob, e certamente la magistratura. Questa operazione non rientra in quelle previste dalla legge? Si modifichi la legge. La chiameremo ad aziendam? La proposta, del sen. Massimo Mucchetti del PD, unisce masochismo economico con masochismo politico. Se non c’è obbligo di OPA, se Mediobanca Generali Intesa ne hanno un profitto (dopo tutto quel che han perso in questa “operazione di sistema”), perché non dovrebbero perseguirlo? Anch’essi hanno azionisti di cui devono fare gli interessi: valgono meno degli azionisti di Telecom?

La rete. In questi ragionamenti c’entra sempre la rete. Ma quale rete? Se è solo quella di accesso, l’incubo regolatorio e contabile per separarla durerebbe anni. Se invece è la rete tutta intera, comprese le dorsali, essa non è quello che i binari sono per i treni. Rete sono i programmi SW che suddividono in pacchetti il messaggio in entrata, lo veicolano lungo il percorso più conveniente, e lo ricompongono in uscita, e l’HW su cui girano: la rete coincide con l’azienda che la gestisce. Telecom è proprietaria della rete fissa, può venderla insieme al ramo d’azienda che ne gestisce il traffico. Ma dev’essere una decisione degli azionisti: quali mai sarebbero gli “interessi di carattere generale” che giustificherebbero anche solo il nominare la parola esproprio? La rete necessita di investimenti: quali? quanti? Quando si è cercato di definirlo, i numeri ballavano. Se l’investimento rende, i soldi per costruirla si trovano. Se no, come parrebbe, dovrà sovvenzionarla il governo, decidendo che quanto e cosa fare? Con la capacità previsionale dimostrata dallo stato nel caso delle energie rinnovabili?

In conclusione: si dice che la vicenda Telecom, dalla privatizzazione in avanti, abbia fatto danni al Paese. Io non lo credo affatto, abbiamo più servizi e una vivace concorrenza. Ma sono sicuro che, se dovessero essere seguite certe strade, in questa fase finale i danni li farebbe davvero.

PS. Io non sono favorevole all’operazione Telefonica. La mia proposta l’ho scritta sul Sole: ieri, e 22 anni fa.

Invia questo articolo:
  • email
  • LinkedIn



Stampa questo articolo: