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Non ci sarà Rinascimento, ma il dopo pandemia sarà come una primula

Pubblicato il 16/12/2020 @ 11:50 in Giornali,Il Foglio


Al direttore.

L’influenza spagnola uccise, tra il 1918 e il 1920, da 50 a 100 milioni di persone, più della somma dei morti della Prima (17 milioni) e della Seconda guerra mondiale (60). Eppure sono 80.000 i libri che si possono sfogliare sulle guerre, sulla Spagnola ce ne saranno al massimo 400. Perché? Secondo Ivan Krastev, in “Is it Tomorrow Yet? Paradoxes of the Pandemic”, recensito dal Financial Times, la ragione è che è difficile descrivere una pandemia come lo scontro del bene e del male; manca una storia e manca una morale. Morire per una malattia invece che per una pallottola non è un atto di patriottismo o un eroico sacrificio, e non se ne può trarre nessun significato più profondo. Proprio così: dal morire di Covid non si può trarre nessun significato, e profonda è solo la sofferenza per arrivarci.

La risposta del Direttore

C’è una simmetria nelle tragedie, per quanto queste possano essere diverse, ed è ciò che succede dopo, una volta che le tragedie tornano a essere un fatto legato alle pagine della storia. Il post tragedie non va visto solo con la chiave della rinascita economica, della curva a V, ma va visto anche con una chiave diversa, se possibile persino culturale. Il Rinascimento arrivò dopo la Peste nera del 1348. Persino l’Illuminismo arrivò dopo la distruzione di Lisbona nel 1755. Si potrebbe dire che dopo la Spagnola il mondo conobbe una tragedia ulteriore, il Nazismo, ma grazie al cielo questa pandemia, a differenza di quella di cento anni fa, sta avendo un effetto del tutto opposto sulla traiettoria del nazionalismo. Non ci sarà il Rinascimento, forse, ma il dopo pandemia sarà come una primula: evento raro, condizioni uniche, forza mai vista, occasione da non sprecare.

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