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Nè rossi nè clericali

Pubblicato il 07/06/2007 @ 16:01 in Giornali,Vanity Fair

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da Peccati Capitali

Col PD qualcosa è cambiato

È perfino troppo facile sparare sul Comitato dei 45, che inizia i suoi lavori oggi, per preparare le primarie del 14 Ottobre, da cui uscirà la nuova dirigenza del Partito Democratico. Sembra che abbiano fatto di tutto per cercarsele, le critiche, fin da come sono stati scelti i componenti: una ressa per salire sulla barca, dove hanno trovato posto, dalla Campania dei rifiuti, il Governatore Antonio Bassolino e il sindaco Rosa Russo Jervolino, mentre a rappresentare il Nord c’è solo Carlin Petrini, il geniale inventore di Slow Food (e poi si indigneranno per le battute!).

Non governatori come Riccardo Illy o Mercedes Bresso, non Sergio Chiamparino sindaco di Torino con quasi il 70% dei voti, né Filippo Penati che ha strappato al Polo la Provincia di Milano. C’è l’Angelo Rovati del piano Telecom, e non il Michele Salvati che al piano del Partito Democratico da 12 anni ha dato anima e idee.
Un disastro, se ripensiamo a come ce l’hanno presentato. “Noi, i democratici…” così inizia il manifesto del PD, manco fosse la Costituente degli Stati Uniti. Voleva essere il rinnovamento della politica, le primarie ad assicurare un rapporto diretto dei cittadini con i propri rappresentanti, la capacità di attrazione di un partito più grande di Forza Italia, la fine della proliferazione dei partitini. La realtà è un po’ diversa. Dopo la nobile introduzione, il manifesto si perde in generiche affermazioni. Chi preparerà le liste da votare alle primarie? Nel “comitato” neppure uno che abbia meno di 40 anni, l’età media, secondo LaVoce.info, è di 57 anni, perfino superiore a quella degli attuali deputati dell’Ulivo: un’enorme concentrazione di potere nelle mani della generazione dei cinquantenni, sarà lei a disegnare il futuro del neonato. New entries nella classe politica? In “quota” Prodi, e in numero predeterminato, ci saranno i rappresentanti dei “comitati degli appassionati” (copyright D’Alema). Diminuire il numero dei partiti? per ora siamo pari, uno in meno tra DS e Margherita, e uno in più della sinistra di Mussi.

Se invece dimentichiamo gli squilli di tromba, appaiono aspetti più modesti ma positivi. I DS, pagando il prezzo di una scissione, hanno abbandonato le “due s”, sinistra e socialismo. I DL dovrebbero essere indotti a fare altrettanto con i loro legami con la gerarchia cattolica, e avere il senso laico delle istituzioni che fu di De Gasperi. A Canterbury in pellegrinaggio ci si vada da privato cittadino e non da vicepremier.
Una cosa analoga a quella che potrebbe succedere in Europa: anche lì l’ambizione di fondarla su una carta dei valori, è fallita. Ma se la Costituzione si riduce a Trattato, e consente di mantenere politiche nazionali su materie quali l’immigrazione, c’è la possibilità di portare a casa il voto a maggioranza, senza di che l’Europa sarebbe alla paralisi. I compromessi non muovono grandi entusiasmi: ma ci si può consolare pensando che i grandi sogni di palingenesi possono anche essere pericolosi.

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