Morali da inseguire

settembre 5, 2003


Pubblicato In: Giornali, Panorama


b>Quale lezione trarre da Telekom Serbia

“Se è strategico, deve essere carissimo”: era la battuta con cui tra colleghi commentavamo certe iniziative del gruppo Fiat – di cui all’epoca dirigevo uno dei settori. Casi in cui non è la strategia a giustificare la convenienza di un prezzo esorbitante, ma è il prezzo a confermare la validità di una strategia, se ne son visti tanti. Telekom Serbia è uno di questi?

Dell’anomalia dell’IRI, gigante in Italia ma quasi inesistente all’estero, e quindi della necessità di una strategia per porvi rimedio, avrò sentito Prodi parlare diecine di volte, era un suo chiodo fisso. Invece la vecchia Stet, quella di Agnes e Pascale, aveva scelto di cablare la penisola, con il costosissimo progetto Socrate: a molti parve mirato a indebitare l’azienda per ostacolarne la privatizzazione. Prodi cambiò il vertice dell’azienda: mise Guido Rossi a definire la struttura di governance, Tommaso Tommasi a “lucidare gli ottoni”.
Valorizzare la presenza in Austria e in Grecia espandendosi in una Serbia avviata, dopo Dayton, alla ricostruzione, avrebbe reso più attraente il titolo in vista dell’operazione capolavoro di Ciampi, la vendita di Telecom in un sol colpo. Poiché oltretutto il rischio paese veniva addossato agli acquirenti, la costosa strategia di Tommasi aveva una logica. Invece gli azionisti di Telecom privatizzata bocciarono l’iniziativa del “very powerful chairman” Gian Mario Rossignolo verso Cable and Wireless: troppo… “strategica”. Perfino Roberto Colaninno pagò cara la strategia di prendersi un pezzo dei telefoni brasiliani.

La Commissione Telekom Serbia ha argomenti importanti su cui indagare: se il corrispettivo dell’intermediazione si configurò come una tangente a Milosevic (secondo lo scoop di Repubblica), se il Governo fu al corrente o no, se non trovò ragione di opporsi o se invece favorì l’operazione. Se la Commissione ritenesse di dover discutere di strategie, più che sulla validità di quelle passate, sarebbe utile dare qualche indicazione sulle future. Infatti questa vicenda dimostra ancora una volta che le aziende pubbliche, peggio se pubbliche-private, presentano rischi per l’azionista governo. Oggi Enel vorrebbe entrare nel nucleare francese, Eni opera in aree politicamente calde: problemi delicati, per due grandi aziende ancora controllate dallo Stato. Non sarebbe male se, tra i deliri di un mitomane in galera, le carte di un notaio defunto, i titoli a tutta pagina di un giornale, le denunce e le querele, la Commissione trovasse il modo di trarre anche questa “morale”: e se il Governo ricominciasse a privatizzare?

Invia questo articolo:
  • email
  • LinkedIn



Stampa questo articolo: