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Ma perchè Berlusconi non vende?

Pubblicato il 01/05/1994 @ 11:56 in Varie


Perché Berlusconi non le vende? Le televisioni s’intende. Proviamo a far finta di non vedere il sorriso di sufficienza con cui si risponde alle domande che appaiono troppo ingenue, e a ragionarci su. Per motivi economici, si dice: ma è poi sicuro? Il valore di Fininvest dipende in gran parte dal good will del suo capo e fondatore: Berlusconi ha inventato la televisione privata in Italia, il suo successo è dovuto alla combinazione di geniali intuizioni, compresa quella di trovarsi le amicizie politiche giuste al momento giusto, e di quotidiana minuziosa attenzione ai dettagli.

L’ha riconosciuto Franco Tatò nella famosa intervista alla Stampa, quando ha detto che bisognerebbe trovare un sosia di Berlusconi perché Fininvest restasse quella che è. Poiché è difficile immaginare che un capo di governo trovi tempo ed energie sufficienti per continuare a dare il proprio personalissimo impulso a un’azienda che opera in un settore così dinamico, questo good will è destinato a diminuire nel tempo: sarebbe quindi economicamente conveniente capitalizzarlo adesso. Un’altra parte del valore delle reti di Berlusconi sta nella loro posizione di mercato, di monopolio delle Tv private e della relativa raccolta pubblicitaria. Si tratta di una posizione anomala, intrinsecamente a rischio: proteggerla avrà un costo politico che il presidente Berlusconi potrebbe trovare conveniente non pagare; minacce possono venire dai nostri partner comunitari; il rischio sarebbe massimo nell’improbabile caso in cui Berlusconi fosse costretto a lasciare la politica; anche la tecnologia, consentendo la moltiplicazione dei canali, potrebbe rappresentare una minaccia. Sempre, le situazioni che non presentano nessuna possibilità di ulteriore miglioramento possono solo peggiorare. Tutte ragioni dunque per capitalizzare ora, magari negoziando un prolungamento nel tempo della situazione monopolistica, che sarebbe più facilmente concessa a un nuovo proprietario.
Sempre dalla intervista di Tatò, apprendiamo che le tre reti non sono gestionalmente separabili, avendo in comune una serie di servizi e di attività, prima fra tutte il magazzino prodotti. Ma questa è una oggettiva posizione di debolezza, che converrebbe proteggere. In ogni caso, un’azienda vale per quello che è: se il magazzino prodotti è unico. questo fatto verrebbe recepito da qualsiasi analista che si accingesse a stimare il valore dell’azienda. Infine l’obiezione che non ci sarebbero compratori è tutta da dimostrare; finché un bene non è messo in vendita, e se non si conoscono le regole di mercato in cui dovrà operare, nessuno fa offerte: per provarlo non ci sarebbe che far valutare l’azienda, e poi dare mandato a una delle tante Goldman & Sachs di avviare discrete trattative, come si fa in casi del genere. Vendere oggi, come libera scelta, senza stringenti vincoli di tempo. permetterebbe di spuntare un prezzo più elevato che agendo per necessità politica o in esecuzione di una sentenza comunitaria.
Credo dimostrato quindi che il capitalista Berlusconi avrebbe più vantaggi che svantaggi economici se decidesse di vendere ora tutte le sue reti.
C’è poi il vantaggio politico, che sarebbe con ogni evidenza clamoroso. La soluzione di questo nodo spiazzerebbe l’opposizione, levandole un’arma formidabile. Vantaggio in termine di immagine e di credibilità: ha idea Berlusconi. che tanto ama essere amato, di quanti sarebbero i ‘baci’ che avrebbe la possibilità dí raccogliere? Se come ci dice, e per ora gli si deve credere, ha davvero in mente di ammodernare il paese, e quindi anche la sua struttura finanziaria, non vede quali maggiori gradi di liberà guadagnerebbe per la sua azione politica?
Ma allora, se ci sono probabili vantaggi economici, e clamorosi vantaggi politici, perché non vende? Per esclusione resta, nuda e visibile, l’unica ragione: le reti sono uno strumento insostituibile per avere un rapporto diretto, gestibile personalmente, con l’opinione pubblica. Non il rapporto dal pubblico al politico, tramite le indagini di mercato (per que-sto non è necessario avere la proprietà dello strumento, le varie Diakron essendo lì per chiunque voglia comprare i loro servizi) ma il rapporto inverso, dal politico al pubblico. Solo che questo non ha costo economico: i due obiettivi, quello commerciale e quello politico, sono diversi: un prodotto commerciale viene modellato sulle richieste del consumatore, mentre politica è modificare le opinioni e gli orientamenti che le indagini di mercato fotografano. Se gli obiettivi sono diversi, sono potenzialmente in conflitto fra loro; piegando lo strumento della televisione commerciale a scopi diversi dalle sue logiche interne, caricando un’attività industriale di compiti che non le sono propri; essa ne soffrirà sul piano dell’efficacia, e quindi della redditività. Gli interessi del Berlusconi politico facilmente danneggeranno gli interessi del Berlusconi imprenditore.
L’ingenua domanda consente allora di mettere in evidenza la vera risposta: Berlusconi non vende le sue televisioni non perché ciò sia in contrasto con i suoi interessi economici, ma nonostante che probabilmente lo sarà. Ragionamento che umilmente (e ingenuamente) si sottopone ai vari saggi e garanti.

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