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L'unica soluzione per la Rai? Vendere

Pubblicato il 08/11/2007 @ 12:22 in Giornali,Vanity Fair

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da Peccati Capitali

Il presidente della RAI, Claudio Petruccioli, viene sfiduciato dalla Commissione di Vigilanza; il capo azienda della BBC, Mark Thompson si vede negare l’aumento del canone e quindi deve tagliare spese per € 2,8 miliardi, incominciando col licenziare 2500 dipendenti.

Thompson voleva combattere su tutti i fronti la battaglia della comunicazione digitale, fare della BBC la Google dei broadcaster, investendo in internet, lanciando il sistema di downloading iPlayer, perfino comperando un’impresa privata di guide turistiche. Ma intanto si incrinava il mito del servizio pubblico, dell’obbiettività e della qualità: conduttori strapagati, reality show in abbondanza, trasmissioni a premio con risultati truccati. Fino ad un documentario con un episodio inventato che metteva in cattiva luce la Regina.

La casuale coincidenza rimanda a due problemi strutturali comuni alle televisioni pubbliche, quella italiana e quella inglese. Il rapporto con il potere politico: nei giorni precedenti alla guerra in Iraq, la drammatica tensione con il governo di Tony Blair, l’inchiesta sul suicidio di David Kelly, indusse alle dimissioni il precedente direttore Greg Dyke; oggi, il rifiuto di finanziare i programmi della BBC viene visto come conseguenza dei pessimi rapporti di Thompson con Gordon Brown. E le conseguenze dell’evoluzione tecnologica: con l’esplosione della comunicazione digitalizzata, aumentano a dismisura le fonti di informazioni e i modi di accedervi, il concetto stesso di una informazione “corretta” risulta difficile da definire, e con essa il ruolo di un operatore pubblico.

Nell’opinione italiana corrente, la BBC è quello che la RAI non è, e che dovrebbe essere. Per i sostenitori del servizio pubblico, è la dimostrazione che il mito può esistere. Ma il mito costa: la BBC costa al contribuente inglese € 5,7 miliardi; la RAI € 1,5 miliardi l’anno. Con poco più di un quarto del budget inglese, la RAI ha un’audience una volta mezzo maggiore, il 46% contro il 32% dei britannici. E il mito ha la sua sorte segnata dalle trasformazioni tecnologiche e sociali: in Inghilterra sono in molti a chiedersi se la BBC non riesca più a trovare il senso del suo vero obbiettivo, quale sia il limite delle attività commerciali in un servizio pubblico, se per svolgerlo ci vogliano tanti canali. Se se lo chiedono loro, figurarci noi, con la nostra storia di lottizzazione. Ma invece di fare la sola cosa logica, vendere la RAI, in tutto o in parte, ci si balocca con l’idea che, trasferendo la proprietà a una fondazione retta da uomini virtuosi, la presa della politica diventi meno ferrea. Invece aumenterebbe l’opacità: un peccato ancor più capitale del male che vorrebbe nascondere.

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