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Lo Stato crea i nuovi Valletta

Pubblicato il 11/06/1998 @ 18:00 in Giornali,Panorama


Dai nuovi Mattei ai nuovi Valletta

Un anno fa mi venne di osservare che la lentezza delle annunciate privatizzazioni comportava il rischio che nuovi manager, capaci e ambiziosi, interpretassero le more della privatizzazione come licenza a utilizzare il potere di monopolio per espandere il proprio campo di attività, e parlai di “nuovi Mattei”.

Tesauro ha additato un fenomeno analogo: i manager che provengono dal privato, una volta al comando di queste imprese, contraggono subito il morbo dei boiardi, e cioè del monopolista. E’ difficile pensare che ciò dipenda solo da carattere o da personalità. La spiegazione va ricercata in un fatto strutturale: il modo in cui il pubblico interpreta il suo ruolo nelle aziende da privatizzare e, come ora si sta delineando, anche in quelle già privatizzate.
Si trattasse solo di imporre vincoli sul personale, o di chiedere protezione per una parte del vecchio management, il danno sarebbe contenuto. I guai veri si producono invece quando si viene alle strategie.
Si tratti dell’ambizione di Romano Prodi di giocare un ruolo di primo piano quando si vendono le aziende ex-Iri, oppure dell’esigenza del Tesoro di massimizzare i ricavi, oppure ancora del desiderio dei sindacati di mantenere le proprie roccheforti: tutto congiura perché le aziende assumano come missione non quella di ridurre il potere di monopolio, ma di utilizzarlo per strategie espansive. A interpretarle si chiamano i manager che hanno dato buone prove nel privato. Mai però si è dato loro come primo obiettivo quello di affrettare la fine del monopolio, mai gli si è imposto lo smagrimento per far posto alla concorrenza.

E’ da questa lacuna che nasce la disinvoltura con cui il vertice Enel può ritenersi titolato a dare uno schiaffo al suo azionista unico, richiamandolo a mettere in riga magistratura contabile e Autorità per l’Energia, con tanti saluti all’indipendenza delle rispettive funzioni.
Se l’Enel partecipa alla gara per il terzo telefonino, se le Poste comperano la SDA, se nell’ENI la “privatizzazione” sempre più assomiglia a una pubblicizzazione del risparmio privato, se Telecom usa i frutti del monopolio per lanciarsi in avventure imperiali, la colpa non è di Tatò, di Passera, di Rossignolo, men che mai di Bernabé. Altri hanno scritto il copione. I “nuovi Mattei” si limitano a interpretarlo. E può fin accadere che, nell’entusiasmo, qualcuno si pensi addirittura il “nuovo Valletta”.

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