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L’intreccio TLC-Media e la Corte UE

Pubblicato il 08/09/2020 @ 09:31 in Giornali,Il Sole 24 Ore


È caduto il muro di Gasparri: teneva separate telecomunicazioni e comunicazioni. E invece la Corte del Lussemburgo dichiara legittimo che un soggetto possa detenere partecipazioni in imprese e di telecomunicazioni e di televisioni. Il TUSMAR (ex legge Gasparri) che lo proibiva non è coerente con la normativa europea. La sentenza mette la parola fine a un tema che ha occupato il dibattito politico fin dalla discesa in campo del Cavaliere, quello del suo “potere esorbitante”. Oltre quindici anni dopo la legge Gasparri pone un limite ai ricavi pubblicitari che un soggetto può trarre nel Sistema Integrato delle Comunicazioni: sarà sufficiente, si chiedevano preoccupati gli antiberlusconiani militanti, per impedire a Mediaset di prendere il controllo di Telecom?

Nel frattempo, l’attenzione si era spostata dalla televisione al Web, dai contenuti da trasmettere al modo di accedervi. La nostalgia di chi rimpiange i tempi dell’IRI, l’ambizione di chi vorrebbe avere un’altra rete pubblica da controllare, dànno fiato a chi drammatizza il nostro ritardo digitale quando esso stava colmandosi: la copertura a banda ultra larga, dal 10% nel 2011, nel 2015 era già del 45%. Meglio ancora per Renzi, gli interessa dimostrare che lui risolve problemi: in una solenne cerimonia a Palazzo Chigi a maggio 2015 lancia EnelOpenFiber. A giugno, a seguito di un’operazione in Brasile, Vivendi viene in possesso del 8,3 % di Telecom, che poi salirà al 24%; ad Aprile 2916, fallito un accordo con Mediaset che comportava anche scambi azionari, ne acquista in modo ostile il 30%. Inspiegabile che una persona come Bollorè, che l’Italia ha avuto modo di conoscerla dal punto di osservazione privilegiato di Piazzetta Cuccia, non si rendesse conto che stava trattando materia incendiaria.

Vi era invece attentissimo il ministro Carlo Calenda: ritenendo insufficiente il presidio posto dalla Gasparri agli “interessi nazionali”, dichiara che l’operazione gli sembra un’oscura e opaca “incursione speculativa”. È la violazione della Gasparri, sanzionata ad Aprile dall’AGCOM, che lo induce a chiedere di attivare il “golden power “, anzi di completarlo con una norma “anti scorrerie”. Nel marzo 2018 il fondo attivista Elliott annuncia l’acquisto del 6% di TIM, con un piano di smembramento che fa felici i sostenitori della rete pubblica: ha il sentore che potrebbe essere uno di quei casi in cui dalla separazione delle parti di un’azienda risulta un profitto finanziario.

Così tutti i personaggi sono in scena. C’è perfino il regalo di nozze, Metroweb che OpenFiber ha acquistato da F2i (che ha rifiutato l’offerta più favorevole di TIM). Manca il deus ex machina: è chi lo è più del Governo? Con Gentiloni, CDP acquisisce il 4,9% di TIM (aprendo la strada al governo gialloverde per raddoppiare) e lo porta in assemblea a maggio 2018 per votare insieme ad Elliott contro Vivendi. È il momento chiave di tutta la vicenda: il CdA risulta composto da 5 membri espressione di Vivendi, 10 di Elliott nominati grazie ai voti di CDP. Col che, uscito poi di scena Elliott, nella trattativa dello scorso mese di agosto per la fusione tra le reti di TIM più Fastweb, e di OpenFiber, e sui poteri di governance, CDP può giocare il duplice ruolo di venditore e di acquirente, di salvato e di salvatore.

“Scegliere il vincitore, salvare il perdente”: era chiaro fin dall’inizio che la vita del prescelto non sarebbe stata facile. OpenFiber partecipa e vince i bandi per le aree bianche. L’impegno preso fu di portare la fibra entro il 2020 quasi in 8 milioni di case, in 7632 comuni. Intanto OpenFiber fa concorrenza a TIM nelle aree nere, quelle competitive. A un anno e mezzo dall’inizio della operatività, le case “passate” erano 2.4 milioni, ma solo 1.9 milioni quelle “vendibili”, cioè in cui la fibra arrivava effettivamente a un numero civico, e non solo nelle vicinanze. Dedotti i 1,2 milioni di linee “ereditate” da Metroweb, le case effettivamente collegate scendevano a 700.000. A marzo 2020 sul sito del Ministero compaiono degli aggiornamenti sulle aree bianche: i Comuni sono solo più 6230 (-18,4%) e le unità immobiliari da poco meno di 8 diventano poco più di 6 milioni, solo nel 16% dei Comuni indicati nella gara le infrastrutture saranno rese disponibili entro il 2020.

L’accelerazione verso la rete unica è certo motivata dalle difficoltà (che alcuni chiamano fallimento) di OpenFiber. Ma a renderla possibile è stato l’avere aumentato i poteri del golden power, e l’aver fatto entrare CDP nel capitale di TIM, avendo così determinato i rapporti tra due soci privati, Vivendi ed Elliott.

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Open Fiber S.p.A.

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