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Liberismo e nostalgie democristiane

Pubblicato il 11/08/2001 @ 12:19 in Giornali,Panorama


Dal “Wall Street Journal” all’“Unità”, quattro storie e un unico paradosso

Questa volta partita non doppia, ma quadrupla, con quattro personaggi, ciascuno con una propria carta da giocare.

Il primo si chiama Alberto Mingardi, e la carta che mette sul tavolo è una pagina del Wall Street Journal Europe. “Date una chance a Berlusconi” è il titolo dell’articolo, e non sorprende trovarlo sul giornale della destra conservatrice. (Singolare è che ad avere tre colonne nella pagina degli editoriali sia un ragazzo italiano che non ha ancora 20 anni).

Ce la farà Berlusconi a migliorare lo stato dell’economia italiana e la sua velenosa politica?, si chiede Mingardi. “Berlusconi è un maestro nell’essere ogni cosa per ciascuno: vedremo se saprà usare la sua abilità politica per effettivamente liberalizzare l’economia”.

“Liberalizzare? Certo, sta scritto qua”. Bruno Tabacci, che la Democrazia Cristiana aveva fatto Presidente della Regione Lombardia e che Forza Italia ha fatto presidente della Commissione Industria della Camera, cala la sua carta, la sua relazione sul DPEF. Solo che poi aggiunge sì, purché alle misure di liberalizzazione “se ne affianchino altre ( sic) volte a promuovere” ecc. ecc. In un empito di nostalgia verso le Partecipazioni Statali, Tabacci vuole nel settore elettrico “scambi di asset” tra ENI ed Enel; chiede che “con idonee forme di coinvolgimento degli organi parlamentari [si individuino] quali partecipazioni pubbliche devono essere cedute e quali invece mantengono una valenza strategica”: che, “invece”, dovranno restare pubbliche.

Quando sul tavolo si scopre la terza carta, ancora un editoriale del Wall Street Journal, siamo al disastro. Tom Grant, della Oxford University, tuona contro i parlamentari che hanno respinto la direttiva europea sull’OPA. L’iniziativa è stata del tedesco Lehne, l’appoggio convinto di Buttiglione, il voto decisivo di un deputato di Forza Italia (i DS invece hanno votato a favore della direttiva). Altro che liberalizzare, dice Grant: qui siamo di fronte all’alleanza tra destra conservatrice e vecchi sindacati, e rievoca nientemeno che il Nazismo e lo sterminio degli ebrei.

Quando il gioco sembra volgere al peggio, a rilanciare sul liberismo italiano è la quarta carta. “Basta con i virus pianificatori e dirigisti, troppe regole finiranno per uccidere il libero mercato”. Sotto accusa è Mario Monti: bocciare la fusione General Electric – Honeywell, sospettare che Microsoft abusi di posizione dominante, sono dirigismo, indebita limitazione delle strategie di impresa. Sì, sta scritto proprio su L’Unità, in prima pagina. sotto la banda rossa.

Che la scommessa sulla capacità di Berlusconi di realizzare in Italia un programma liberista, insidiata dalle nostalgie stataliste del democristiano di sinistra che ha fatto eleggere, scossa dall’ortodossia integralista dell’economia sociale di mercato del filosofo che ha preso come alleato, venga rilanciata da tal David Freedman proprio sul giornale di Gramsci e di Togliatti, è uno dei paradossi che non scandalizzano chi scrive – e chi legge – Partita doppia.

David Freedman, David Freedman. Leggo e rileggo il nome: e se fosse un errore di stampa, e si trattasse invece di David Friedman, figlio del premio Nobel Milton Friedman, un super-liberista, un anarco-capitalista, proprio come il giovane Mingardi? Sto per telefonare a Furio Colombo per accertarmene, ma mi fermo: mi tengo il dubbio, e raddoppio la partita.

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