La visita del Papa alla Camera

Caro Direttore,

“Noi crediamo che il Papa in Parlamento non costituisca nessun pericolo per l’autonomia di Cesare”, scrive il Riformista. Per Giuliano Ferrara “ascoltare il capo della Cristianità non può nuocere alle Camere riunite”; e invita a riconoscere la “vividezza e l’interesse intellettuale e spirituale” dei discorsi papali. Oscar Giannino ricorda la statura che fa di questo Papa “un gigantesco magnete spirituale che ha cambiato la storia del ’900″.

Negli editoriali e nei commenti che hanno preceduto la visita del Papa in Parlamento, é stato tutto un affannarsi a dimostrare la non negatività dell’evento. C’è da scommettere che in quelli che la seguono ci sarà il sollievo nel constatarla: vedete? ve l’avevamo detto che non si correva alcun rischio. Il riconoscimento – ovvio – di meriti storici, la previsione – scontata – che la diplomazia vaticana avrebbe evitato ogni motivo di imbarazzo, non vanno al punto. Il punto é che si deve spiegare perché, “per ascoltare con rispetto che cosa pensa il Papa” non ci fosse altra strada che organizzare un evento dai profili istituzionali così singolari; perché, per dimostrare “la fine dell’egemonia di un partito confessionale sulla politica italiana”, non ci fosse altro mezzo che accogliere il Papa nella sede della sovranità popolare. Quello che si deve spiegare é perché, per ascoltare il magistero di Giovanni Paolo II, fosse non solo utile, ma necessario sottomettere al cerimoniale concordato con il Papa, Parlamento, Capo dello Stato,Presidenti di Senato, Camera e Corte costituzionale. Non avevo trovato ragioni per essere presente. Non trovo le ragioni per cui avrei dovuto esserlo.

Con molta cordialità

Franco Debenedetti