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L’Alitalia, i miracoli e la realtà dei fatti

Pubblicato il 09/05/2017 @ 09:44 in Giornali,Il Sole 24 Ore


Nella crisi Alitalia si è verificata una marcata discontinuità, che è importante rilevare per le conseguenze che avrà sul modo in cui essa verrà gestita.

Prima del referendum tra i dipendenti Alitalia del 24 Aprile, il presidente Gentiloni era stato esplicito: “non ci sono alternative, dovete votare sì al referendum”, li aveva ammoniti. Appena se ne conoscono i risultati, i ministri sono unanimi nell’esprimere rammarico e sconcerto. Ma è chiara la posizione: agli azionisti decidere che cosa fare, al governo ridurre al minimo i costi per i cittadini italiani e per i viaggiatori.

E’ il ministro Calenda a bloccare sul nascere l’ipotesi, attribuita a qualche sindacato, di ri-nazionalizzare: le regole europee, dice, non lo consentono, governo e cittadini non lo vogliono. Susanna Camusso gli replica: vero che la nazionalizzazione non è una buona idea, ma neppure quella di un prestito ponte che porterebbe allo spezzatino; si usino risorse pubbliche (leggi CDP) per “indirizzare” Alitalia verso un’acquisizione da parte di una compagnia europea. Nulla di nuovo. E’ invece all’intervista del renziano Ettore Rosato che convien prestare attenzione: smentisce le voci di una possibile tentazione di Renzi di rinviare il problema del salvataggio Alitalia a dopo le elezioni politiche. Excusatio non petita?
Il 27 il Governo è lapidario: “Alitalia non diventerà dello Stato”. Per il ministro Padoan, esclusa la CDP, l’eventuale intervento dello Stato sarebbe finalizzato “esclusivamente a evitare l’interruzione delle attività, cioè lo stop dei voli.” Il suo collega Delrio tronca netto: lasciamo stare Ferrovie, non è il suo settore. Resta la curiosità: a chi è venuto in mente? E sarà un caso se, dovendo scegliere i Commissari, è saltato fuori il nome di Mauro Moretti?

Il 30 Aprile, giorno delle primarie del PD, i giornali ci informano che Renzi, in attesa di essere eletto segretario del PD, ha incontrato Gubitosi, in predicato di diventare Commissario: vuole cambiare strategia su Alitalia, annuncia “una proposta del PD entro il 15 Maggio”. Intanto dà la sua lettura dei fatti: Gentiloni ha sbagliato nel drammatizzare i toni del referendum, così ha provocato la reazione di piloti e hostess, e questo ha spinto Alitalia sull’orlo del fallimento.
Il ministro Calenda, a Sky TG24, prova a correggere il tiro: scarica sui manager dell’aviolinea le responsabilità dell’esito del referendum; “spera” che si eviti lo spezzatino e che si venda la compagnia tutta intera; e ripete che lo scopo del prestito ponte è garantire i collegamenti in attesa che altri li rilevino.

I giornali del 3 maggio riportano il piano del Governo: il prestito sarà di 600 milioni, più di quanto si pensava ma, è ancora Calenda a dirlo, sono il massimo che potevamo fare. Gentiloni stesso ne precisa la finalità: soddisfare le esigenze di connettività, assicurare servizi a chi ha comperato biglietti. “Anche questa, ricorda, è la responsabilità di chi governa”.
Il Corriere della Sera raccoglie alcuni punti del nuovo piano di Renzi: per il passato, la responsabilità è del management; per il presente, un primo segnale della nuova strategia è il prestito “superiore alle attese, varato su pressing dei renziani”; per il futuro “avvantaggiarsi delle prime operazioni di contenimento dei costi” (in spending review siamo esperti) approvate da un referendum (idem) a cui richiamare i lavoratori. Commenta Calenda (a Radio anch’io): “qualunque idea è benvenuta tanto più se arriva dal segretario del partito di maggioranza del governo”.

Qualunque idea? Benvenuta? D’accordo che Renzi è l’azionista di maggioranza, ma il Governo ha tutte le ragioni di risentirsi nel vedersi ingiustamente addebitata la colpa dell’evento che ha scatenato la crisi, arbitrariamente aumentato l’importo stanziato, vagamente prospettato un percorso di risoluzione di cui la sola cosa certa è che sarà diverso a quello che aveva previsto, e per giunta severamente ammonito che, dopo le primarie, questi interventi saranno la regola.

Ma ha ancor più ragione di risentirsi il cittadino: aveva visto un Governo che sbarra le solite porte – nazionalizzazione, CDP, Ferrovie – che mostra di capire che suo mestiere non è gestire un’azienda, per di più privata, ma assicurare un servizio. E invece l’iniziativa del futuro segretario del partito di maggioranza relativa, lo fa ripiombare nell’attesa di un piano indefinito, in cui risuonano echi di parole già udite tante volte e tanti miliardi fa, ma dove manca quella di “vendita”.

Con Alitalia le abbiamo provate tutte, pubblico, privato, con le sole nostre forze, con le Poste (ah, le sinergie!), con un partner di stazza; non abbiamo lesinato soldi (più di 7 mld); siamo stati pazienti (un solo bilancio in utile in 20 anni); nel frattempo il mercato è cambiato in modi che inesorabilmente tagliano fuori vettori come Alitalia: se c’è in caso in cui sappiamo proprio tutto è questo. E dobbiamo aspettare ancora due settimane?

I cittadini di questo Paese non hanno bisogno dei miracoli di un taumaturgo, hanno bisogno della guida di chi riconosce la realtà dei fatti, anche quando sono duri, e che non rifugge dall’affrontarne le conseguenze, anche quando sono spiacevoli. E’ quello che fanno loro con i loro problemi: così tengono in piedi il Paese.
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