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La vera sfida

Pubblicato il 26/10/2004 @ 12:31 in Giornali,La Stampa

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Le polemiche su Toroc e Pescante

Nella vicenda Toroc si gioca molto di più della preparazione dell’evento olimpico: la vera posta è la capacità di Torino di gestire professionalmente e correttamente un’impresa complessa. In fondo i soldi il governo si è dichiarato disposto a stanziarli; e alla fin fine anche città molto meno attrezzate di Torino ce l’hanno fatta a mettere in scena lo spettacolo. Altra è la paura dei torinesi: scoprire che i nostri patrimoni di capacità manageriale, di serietà gestionale, di correttezza sabauda, si sono dispersi e che non siamo capaci di fare neppure quello in cui sono riusciti Mexico City ed Atene.

Temiamo di doverci svegliare e riconoscere che, qui, a far difetto non è la nostra capacità di comunicare, ma quella di fare; non l’audacia di osare i preventivi, ma la precisione nel redigere i consuntivi. Temiamo un ulteriore vulnus all’immagine che di Torino abbiamo per primi noi stessi: e seguiamo quello che sta succedendo con un’ansia che rasenta lo sbigottimento.

Dimostrare che Torino e il Piemonte sono capaci di organizzare questo evento, e di farlo bene, avendo riguardo al futuro oltre che al presente: questo è ciò a cui deve mirare l’azione delle istituzioni. Con priorità assoluta: sugli interessi delle persone e su quelli della politica.

Ottima cosa quindi che il sindaco Chiamparino abbia ricordato che è la città che ha firmato il contratto con il Comitato Olimpico, e abbia rivendicato il suo ruolo nell’onorarlo. Che nascesse o no da un equivoco, la sua puntualizzazione è riuscita a dissiparlo, e a fare accettare il principio di una più precisa definizione dei rapporti tra Comune, Regione e Governo. Ma questo non basta. Noi vogliamo capire e sapere. Non basta la difesa che il Toroc fa del proprio operato. Restano molti interrogativi. Perché il Cio ha richiesto l’intervento del Governo? Solo per coprire lo squilibrio tra costi e ricavi? Il governo vuole prendere la città per la gola, “mettere le mani sui Giochi”, e solo per questo manda Pescante? Se Valentino Castellani ne ha dapprima applaudito l’avvento, è stata per l’ingenuità di non vedere i dànai dietro i doni, oppure per la coscienza di debolezze nella sua organizzazione? Se mancano i contributi degli sponsor, è perché difettano loro di visione, o perché siamo noi incapaci di suscitarla? La città ha firmato il contratto, spetta al Sindaco Chiamparino essere garante dei cittadini: tocca a lui fare chiarezza, far sì che le decisioni che ne conseguiranno siano, e appaiano, coerenti con l’analisi. Dovrà tener presente che in queste situazioni il pericolo è il too little too late, fare troppo poco troppo tardi; e che solo i pessimisti si salvano.

La seconda considerazione riguarda la polemica politica. I protagonisti di questa vicenda hanno, o hanno avuto, tutti cariche e responsabilità politiche. E’ evidente che connesse alle Olimpiadi ci sono partite politiche importanti, le elezioni nel 2005 e 2006. Non sarò certo io a sostenere che la politica si deve fare da parte, anzi una politica vivace può servire a produrre trasparenza ed efficienza.
Ma bisogna che tutti si rendano conto dei rischi a cui si va incontro quando la polemica diventa speculazione, quando si imbocca la strada del qualunquismo inquisitorio, delle allusioni velenose ma velate, delle deformazioni che colpiscono l’immaginazione senza aiutare a capire. Col polverone non si vede più nulla, il fango nel ventilatore non colpisce solo gli avversari, sporca tutta la città. E’ un esercizio in cui si è distinto con particolare accanimento il Giornale, e se lo si menziona è solo perché non è stato questo finora lo stile del presidente Ghigo. E perché con lui il sindaco Chiamparino, subito dopo la sua elezione, aveva realizzato un’intesa basata su una più equilibrata divisioni di ruoli tra Comune e Regione.

Si fanno tanti convegni per disegnare il futuro della città: si indicano le potenzialità da sviluppare, si magnificano i patrimoni a cui attingere, ci si esalta enumerando capacità naturali e eredità culturali. Per un nuovo ciclo di sviluppo. si evoca invariabilmente un certo spirito torinese e piemontese. A ripeterlo dal podio sono, sovente, gli stessi protagonisti di questa vicenda. Questo “spirito”, se esiste, non chiede conformismo unanimistico, non rifugge da polemiche anche vivaci. Crede nella propria competenza e nella propria correttezza. Ma sarebbe inutile retorica farvi appello, se, oggi, per mancanza di coraggio lo si deludesse nelle sue ambizioni, e per interesse di polemica lo si mortificasse nel suo orgoglio.

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