La tassa sul morto

giugno 5, 2021


Pubblicato In: Giornali


Gli apprezzamenti e le critiche alla proposta di Enrico Letta di aumentare l’aliquota della tassa di successione sono stati perlopiù rivolte da un lato al prelievo fiscale in sé, dall’altro al beneficio che esse andrebbero a finanziere; nell’ipotesi, quindi, del coeteris paribus, assumendo cioè che prelievo e destinazione non modifichino aspettative e comportamenti degli operatori, con conseguenze sull’economia generale.
Secondo la teoria economica standard la crescita dipende da un progresso tecnico prevalentemente esogeno. Per Schumpeter il motore primo della crescita sono le invenzioni, Per il Nobel Edmund Phelps invece le società moderne dal 19esimo secolo in poi si sono sviluppate perché anche la gente comune è capace di avere idee originali che possono avere applicazioni commerciali: c’è infatti una dimensione esperienziale ella moderna economia per cui vedere realizzata una propria idea dà alle persone il senso di fare qualcosa di diverso e di nuovo. Sperimentare, imparare dagli errori, curiosità, coraggio di fallire sono i caratteri dell’economia dell’innovazione.

Non successe in modo uniforme in tutti i Paesi: perché in alcuni sì ed in altri no? perché nel 19esimo secolo in Inghilterra, in America, in Francia e in Germania e non altrove? Perché a quell’epoca in quei paesi la gente aveva uno smodato desiderio delle soddisfazioni offerte dalle economie moderne: quella di realizzare qualcosa con i propri sforzi e di vederselo riconosciuto; quello di avere successo; il piacere di aver fatto meglio dei colleghi o di un concorrente. Ci sono dei valori all’origine di tutti questi desideri, uno più di tutti quello dell’individualismo. Le soddisfazioni. del modernista sono inerentemente individualistiche; l’economia dinamica ha attirato le persone che cercavano sfide e opportunità che li facevano sentire vivi. Dinamismo è il nome che Phelps dà all’insieme di questi valori: la sua tesi è che sono alla radice dell’innovazione indigena, della soddisfazione del proprio lavoro, della crescita economica. E per verificarlo costruisce degli indicatori di modernismo e di conservatorismo, ne coglie la differenza tra Stati e il cambiamento nel tempo, ne misura la correlazione con la produttività totale dei fattori.

Che effetto può fare sul dinamismo degli innovatori indigeni una tassa che, alla loro morte, crei una discontinuità nel risultato dei propri sforzi? È intrinseco al concetto stesso di dinamismo che esso continui nel tempo, anche oltre il limite della propria vita lavorativa. Nel caso delle micro-imprese lo constatiamo nelle proprie quotidiane esperienze: perché dovrebbe essere diverso quando il valore dell’impresa o della proprietà supera la soglia di un milione di euro?
Nella decisione di comperare la casa, di arredarla, di manutenerla, è intrinseca la prospettiva di trasmetterla ai figli, insieme ai valori che hanno reso possibile il farlo. Tocca proprio quei valori una tassa che impone all’erede di pagare per ereditarla.
Non sono gigantesche multinazionali le imprese ” dinamiche e innovative” di cui ha parlato il Governatore nelle sue considerazioni finali, su cui può contare l’Italia e “a cui si deve il recupero di competitività sui mercati internazionali nell’ultimo decennio”. Non si poneva limiti né dimensionali né temporali chi le ha fondate e cresciute, e neppure chi le ha finanziate con i propri risparmi. Era già stato disincentivante tassare, con aliquote tra le più alte al mondo, il reddito che l’impresa man mano produceva: appare una contraddizione incomprensibile tassare il suo valore nel momento difficile di continuarne la vita oltre i limiti della propria.

Oltre alle ragioni – scarso gettito (media OCSE inferiore allo 0,5% de PIL), facile elusione, distorsioni – che hanno spinto nel 2004 la socialistissima Svezia ad abolire del tutto l’imposta (era del 70%) – si deve considerare l’effetto della sua introduzione sui comportamenti degli imprenditori, e quindi sulle dinamiche di impresa. L’orizzonte di un imprenditore non aveva limite temporale; trasmettere il valore, in tutti i sensi, di quello che hanno creato, è una necessità e un desiderio.

Dare a tutti uguaglianza delle condizioni di partenza è un obbiettivo politico a cui tendere, non un risultato contabile da realizzare. E non può andare contro il desiderio di dare ai propri figli una dotazione di beni, materiali e immateriali, maggiore possibile, migliore di quella che fu la propria posizione di partenza: l’ascensore sociale non riparte da zero a ogni generazione.
La trasmissione dei valori un avviene comunque, naturalmente. I dati statistici del censo americano hanno consentito di misurare l’impatto che il Paese di origine ha avuto sulla probabilità che la prima, seconda, terza e quarta generazione di immigrati diventasse un imprenditore di successo. Risulta che il Paese di origine ha effetti sui due indici, quello del “modernismo” – un indice sintetico creato da Phelps – e quello della performance economica, misurata come crescita della produttività totale dei fattori e dell’innovazione.
Fornire a tutti l’accesso agli strumenti di crescita individuale è compito dello Stato: tassare l’eredità non avvantaggia nessuno e diminuisce il dinamismo da cui dipende la crescita di tutti.

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