La sfida tra l’imprenditore e lo chansonnier

marzo 8, 1994


Pubblicato In: Corriere Della Sera, Giornali


intervista di Riccardo Chiaberge

Non è un buon vento quello che ha spinto fin qui Umberto Eco, per dare man forte all’amico Franco Debe­nedetti, candidato al Se­nato per i Progressisti. Un vento maligno, vento di destra. Ma niente pau­ra, assicura il semiologo: il futuro è nostro, non della Finivest. «Quando potremo fare lo zapping tra 150 canali, tutti gra­tuiti, Berlusconi dovrà cercarsi un altro impiego». L’ingegnere annui­sce, compiaciuto. E il suo sorriso si allarga ancora di più quando sente dire al divino Eco che presto ogni banco di scuola dovrà essere munito di computer. Anche se la sala, alla Galleria d’Arte Moderna, è semivuota, là fuori già albeggia il «vi­deo dell’avvenire». I due oratori arrotano la erre, scherzano, divagano. L’atmosfera è salottiera. Più da «Venerdì letterari» che da comizio. «Voglio rendere utile la mia cam­pagna elettorale — spie­ga Debenedetti. — Che sia un’occasione non sol­tanto per parlare ma per ascoltare e per fare cul­tura. Mi considero un candidato in ascolto».

Gran signore, l’inge­gner Franco. Elegante, colto, amante della musi­ca e delle buone letture. Un vero olivettiano. E senza il tratto aggressivo dell’altro e più celebre Debenedetti, suo fratello Carlo. Ma è difficile im­maginare uomo più ina­datto di lui a rastrellare voti — specialmente voti operai. Nel Cencelli oc­chettiano gli è toccato un collegio impervio, in cui dovrà misurarsi con due navigatori della politica come l’ex-sindaco liberale Valerio Zanone (Patto per l’Italia) e il leghista Gipo Farassino. Lui affronta la prova con di­stacco aristocratico: «Sto coi progressisti da im­prenditore — dice. ­Perché uno Stato ingiu­sto non può essere effi­ciente, e non c’è libero mercato là dove si mira soltanto a mantenere po­sizioni dominanti».

Domenica mattina, al Teatro Alfieri, gran para­ta dei Progressisti torine­si. L’ingegnere interviene dopo il leader di Rifonda­zione Fausto Bertinotti, che ha appena ricevuto un uragano di applausi. Non è una compagnia imbarazzante? «E va be’, su molte cose non andia­mo d’accordo. Ma ce ne sono tante altre su cui siamo uniti. Del resto, guardi il Polo della Li­bertà. Non passa giorno senza che voli qualche insulto». Poi, nel pomerig­gio, va anche lui alla par­titissima Milan-Juve. In tribuna al «Delle Alpi» in­contra il rivale Farassino. «Come juventino dev’es­sere imbarazzato — gli dice in piemontese, men­tre dalla “Curva Scirea” gli ultrà bianconeri scandiscono “Berlusconi in galera”. — Adesso dovrebbe tifare per il Mi­lan». E l’altro, a denti stretti: «Oh, io sono sem­pre stato della Juve, e non cambio certo idea per far piacere al Cavalie­re». Ma chi vincerà la partita del 27 marzo? L’ingegnere, l’ex-sindaco o lo chansonnier? Molto dipende dai voti dei quartieri alti. Nelle ville della collina, sono in tan­ti a non aver digerito la conversione di Debene­detti al «comunismo». Rotary e Lions gli preferi­scono il pattista Zanone, e sotto le volte barocche dell’esclusivo Circolo del Whist, in piazza San Car­lo, risuonano le note del­l’inno di Forza Italia. Quanto all’Unione Indu­striale, tradizionalmente restia a schierarsi, ha prestato il suo Salone dei Cinquecento all’ideologo berlusconiano Giuliano Urbani, e giovedì scorso anche alla presentazione dei candidati del Polo della Libertà.

Con l’ingegnere resta­no i fedelissimi, gli amici del suo cenacolo: il filoso­fo Gianni Vattimo, il so­ciologo Franco Ferraresi, l’ex-segretario del Pds Giorgio Ardito, l’avvoca­to Gianaria, l’architetto e consigliere comunale Giorgio Rosental. E un manipolo di militanti del Pds. Ma l’Alleanza per Torino, il cartello eletto­rale del sindaco Castella­ni, è andata in pezzi. En­rico Salza, il vicepresi­dente del San Paolo che lo aveva patrocinato, è il primo firmatario della candidatura Zanone. Molti, nelle file dell’Al­leanza, non hanno gradi­to il posto a tavola offer­to a Bertinotti e Novelli, che alle amministrative giocavano nella squadra avversaria. E come la metterà, l’ingegnere, con i Verdi che non vogliono i treni ad alta velocità?

Lui si consola con le battute di Eco: «Forza Italia è come il Cacao Meravigliao. Un prodotto inesistente, venduto at­traverso le immagini». Traduzione debenedet­tiana: «La ricetta di Ber­lusconi sull’occupazione è un esempio di pubbli­cità sleale. Da uomo d’a­zienda, mi hanno inse­gnato che quando uno vuole lanciare un prodot­to, deve chiarirne i conte­nuti. Un milione di posti di lavoro? Va bene, ma in quanto tempo, come, do­ve?». La partita si vince o si perde a centrocampo. E il duello fratricida tra l’ingegnere e Zanone po­trebbe spianare la strada al candidato di Bossi.

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