intervista di Riccardo Chiaberge
Non è un buon vento quello che ha spinto fin qui Umberto Eco, per dare man forte all’amico Franco Debenedetti, candidato al Senato per i Progressisti. Un vento maligno, vento di destra. Ma niente paura, assicura il semiologo: il futuro è nostro, non della Finivest. «Quando potremo fare lo zapping tra 150 canali, tutti gratuiti, Berlusconi dovrà cercarsi un altro impiego». L’ingegnere annuisce, compiaciuto. E il suo sorriso si allarga ancora di più quando sente dire al divino Eco che presto ogni banco di scuola dovrà essere munito di computer. Anche se la sala, alla Galleria d’Arte Moderna, è semivuota, là fuori già albeggia il «video dell’avvenire». I due oratori arrotano la erre, scherzano, divagano. L’atmosfera è salottiera. Più da «Venerdì letterari» che da comizio. «Voglio rendere utile la mia campagna elettorale — spiega Debenedetti. — Che sia un’occasione non soltanto per parlare ma per ascoltare e per fare cultura. Mi considero un candidato in ascolto».
Gran signore, l’ingegner Franco. Elegante, colto, amante della musica e delle buone letture. Un vero olivettiano. E senza il tratto aggressivo dell’altro e più celebre Debenedetti, suo fratello Carlo. Ma è difficile immaginare uomo più inadatto di lui a rastrellare voti — specialmente voti operai. Nel Cencelli occhettiano gli è toccato un collegio impervio, in cui dovrà misurarsi con due navigatori della politica come l’ex-sindaco liberale Valerio Zanone (Patto per l’Italia) e il leghista Gipo Farassino. Lui affronta la prova con distacco aristocratico: «Sto coi progressisti da imprenditore — dice. Perché uno Stato ingiusto non può essere efficiente, e non c’è libero mercato là dove si mira soltanto a mantenere posizioni dominanti».
Domenica mattina, al Teatro Alfieri, gran parata dei Progressisti torinesi. L’ingegnere interviene dopo il leader di Rifondazione Fausto Bertinotti, che ha appena ricevuto un uragano di applausi. Non è una compagnia imbarazzante? «E va be’, su molte cose non andiamo d’accordo. Ma ce ne sono tante altre su cui siamo uniti. Del resto, guardi il Polo della Libertà. Non passa giorno senza che voli qualche insulto». Poi, nel pomeriggio, va anche lui alla partitissima Milan-Juve. In tribuna al «Delle Alpi» incontra il rivale Farassino. «Come juventino dev’essere imbarazzato — gli dice in piemontese, mentre dalla “Curva Scirea” gli ultrà bianconeri scandiscono “Berlusconi in galera”. — Adesso dovrebbe tifare per il Milan». E l’altro, a denti stretti: «Oh, io sono sempre stato della Juve, e non cambio certo idea per far piacere al Cavaliere». Ma chi vincerà la partita del 27 marzo? L’ingegnere, l’ex-sindaco o lo chansonnier? Molto dipende dai voti dei quartieri alti. Nelle ville della collina, sono in tanti a non aver digerito la conversione di Debenedetti al «comunismo». Rotary e Lions gli preferiscono il pattista Zanone, e sotto le volte barocche dell’esclusivo Circolo del Whist, in piazza San Carlo, risuonano le note dell’inno di Forza Italia. Quanto all’Unione Industriale, tradizionalmente restia a schierarsi, ha prestato il suo Salone dei Cinquecento all’ideologo berlusconiano Giuliano Urbani, e giovedì scorso anche alla presentazione dei candidati del Polo della Libertà.
Con l’ingegnere restano i fedelissimi, gli amici del suo cenacolo: il filosofo Gianni Vattimo, il sociologo Franco Ferraresi, l’ex-segretario del Pds Giorgio Ardito, l’avvocato Gianaria, l’architetto e consigliere comunale Giorgio Rosental. E un manipolo di militanti del Pds. Ma l’Alleanza per Torino, il cartello elettorale del sindaco Castellani, è andata in pezzi. Enrico Salza, il vicepresidente del San Paolo che lo aveva patrocinato, è il primo firmatario della candidatura Zanone. Molti, nelle file dell’Alleanza, non hanno gradito il posto a tavola offerto a Bertinotti e Novelli, che alle amministrative giocavano nella squadra avversaria. E come la metterà, l’ingegnere, con i Verdi che non vogliono i treni ad alta velocità?
Lui si consola con le battute di Eco: «Forza Italia è come il Cacao Meravigliao. Un prodotto inesistente, venduto attraverso le immagini». Traduzione debenedettiana: «La ricetta di Berlusconi sull’occupazione è un esempio di pubblicità sleale. Da uomo d’azienda, mi hanno insegnato che quando uno vuole lanciare un prodotto, deve chiarirne i contenuti. Un milione di posti di lavoro? Va bene, ma in quanto tempo, come, dove?». La partita si vince o si perde a centrocampo. E il duello fratricida tra l’ingegnere e Zanone potrebbe spianare la strada al candidato di Bossi.
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marzo 8, 1994