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La golden share nella Stet costerebbe quanto l’Eurotassa

Pubblicato il 27/11/1996 @ 12:47 in Giornali,Il Sole 24 Ore


La privatizzazione del monopolio telefonico e’ di nuovo slittata; se Stet-Telecom verra’ privatizzata, sara’ a prezzo di una golden share “pesante” e applicata all’intero gruppo: questo l’esito piu’ probabile, se le buone intenzioni di Ciampi e Bersani dovranno piegarsi ai molteplici interessi, ideologici e non, in gioco. A essi si puo’ solo contrapporre la concretezza di 10.000 miliardi: questo e’ infatti l’ordine di grandezza del costo della golden share applicata al gruppo Stet.

La golden share attribuisce all’azionista Stato poteri prossimi a quelli di controllo, riduce il potere dei soci “normali”: minor potere quindi minor valore. L’azienda con golden share e’ di fatto non scalabile: mentre le aziende scalabili valgono di piu’, per i possibili guadagni in conto capitale e per la pressione sul management affinche’, aumentando la redditivita’ dell’impresa e quindi il prezzo delle azioni sul mercato, scoraggi eventuali scalate ostili, aumentandone il costo.
Studi empirici attribuiscono al premio di controllo un valore del 30% della capitalizzazione di borsa. Che la golden share riduca il valore di una societa’ anche oltre il 20%, e’ confermato da advisor specializzati, sulla base di raffronti internazionali. Tale riduzione va calcolata sulla totalita’ delle azioni della societa’, non solo alla quota posseduta dall’azionista di maggioranza; l’intera massa azionaria contiene una plusvalenza potenziale, che emerge al momento della perdita dei maggiori poteri di cui gode l’azionista Stato.
Per prudenza si assume un coefficiente del 15% e per semplicita’ lo si applica alle singole societa’ operative che oggi appartengono a Stet. E’ chiaro che questa riduzione di valore sarebbe ancora maggiore se la fusione Stet-Telecom fosse tale da riprodurre in Telecom le scatole cinesi. Ai prezzi di Borsa attuali, si tratta di 4800 Mld per Telecom, 3500 per TIM, 400 per Sirti: trascurando le altre partecipazioni non quotate (Italtel e Finsiel, per tacere di MMP).
Le ragioni addotte per giustificare la golden share si riducono in sostanza a due. La prima che il controllo della rete telefonica nazionale non puo’ essere determinato solo dalla domanda e dall’offerta: e se Saddam Hussein, si dice, comprasse Telecom? La seconda che non conviene smembrare il gruppo Stet, la sua dimensione e diversificazione essendo di valore strategico per il suo futuro. Nessuna delle due obiezioni regge all’analisi.

Quanto alla prima – astenendosi dal ricordare, paradosso per paradosso, il ruolo avuto da una banca nazionale nel riarmare il dittatore iracheno – si osserva che essa e’ una conseguenza nella mancata liberalizzazione: il giorno che in Italia ci fossero due o tre gestori telefonici con proprie infrastrutture, resterebbe solo l’eventualita’ che una di queste reti fosse acquistata da uno dei grandi gestori globali. Poiche’ questi di solito sono diventati grandi perche’ efficienti, l’eventualita’ non e’ certo un rischio per l’utente. Il costo della golden share, relativo comunque alla sola Telecom, potrebbe essere ridotto accelerando i processi atti a renderla superflua, e limitandone la durata.
Passiamo alla seconda obiezione, quella relativa alla futura strategia di Stet-Telecom. Nel settore delle telecomunicazioni e’ in corso un gigantesco processo di razionalizzazione, di cui la notizia dell’acquisto di MCI da parte di BT e’ l’ultimo episodio; nei prossimi due anni andranno sul mercato aziende telefoniche per un valore di 70 miliardi di dollari; emergeranno pochi player mondiali. Stet non ha ne’ le dimensioni ne’ le risorse per diventarlo, puo’ solo ambire ad entrare in una delle alleanze che si formeranno. Ad aumentare il suo peso, una societa’ di installazione come Sirti e’ irrilevante, stategicamente e finanziariamente. Diverso il discorso per TIM, la telefonia mobile essendo un asset importante. Vale 3500 Mld? Non ci sono altri mezzi per assicurarselo?
Il mezzo c’e': basta vendere TIM subito, e dare contestualmente un’altra licenza di telefonia mobile a Telecom (da esercitare ovviamente con separazione societaria). Con l’esperienza acquisita, disponendo di siti in cui piazzare le antenne, Telecom potrebbe sicuramente in tempo utile diventare il terzo gestore di telefonia mobile. Con l’ulteriore vantaggio di aumentare la concorrenza nel settore.
Si puo’ dunque concludere:
1. La golden share imposta alla totalita’ delle aziende del gruppo Stet costa al contribuente qualcosa dello stesso ordine di grandezza della tassa per l’Europa
2. Per oltre meta’, la parte relativa a Telecom, il costo potrebbe essere ridotto, limitando peso e durata dei diritti speciali.
3. Per oltre il 40%, la parte relativa a TIM, il costo puo’ essere risparmiato, con il vantaggio aggiuntivo di un’accelerata concorrenza.
4. Per la parte relativa alle aziende non telefoniche, la golden share ed il mantenimento nel gruppo non hanno alcuna ragione.

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