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La benevolenza del mineralaio

Pubblicato il 01/08/2022 @ 10:21 in Giornali,Il Foglio


Al direttore.

Ai dipendenti di Acque Sant’Anna sarà arrivata come una manna dal cielo la mensilità aggiuntiva di stipendio che Alberto Bertone, patron dell’azienda, ha deciso di dare a ciascuno di loro. “Per innescare un meccanismo virtuoso che permetta a tutti i lavoratori di avere maggiore fiducia nella capacità di acquisto”, ha spiegato. Penso che più d’uno si sarà chiesto se è davvero questa la ragione di così inconsueta generosità; tra questi, forse, qualcuno si sarà ricordato di aver sentito dire che “non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dalla cura che essi hanno del loro interesse”.

Dopotutto l’acqua minerale, se di sete si tratta, è la versione analcolica della birra, e ci sono anche birre famose che traggono il loro nome da un santo. A quale interesse si deve tanta benevolenza? E’ ovvio che essa migliora il clima aziendale, la disponibilità dei dipendenti a interiorizzare i suoi obiettivi, aumenta la loro fedeltà: sono gli stessi motivi che avevano indotto Henry Ford nel 1914 a raddoppiare lo stipendio ai suoi operai, più che a dargli “maggiore fiducia” nella loro “capacità di acquisto” di una Ford Model T.

Qui in più c’è un colpo pubblicitario geniale, di rara e duratura efficacia. E già che si parla di interesse, questo “regalo” è davvero nell’interesse di coloro che ne hanno beneficiato? Non è così ovvio: ovvio non è che sia ben visto dai sindacati. I contratti nazionali collettivi mirano a stabilire i valori minimi di norme e di retribuzioni per ogni settore di attività. E’ chiaro che ci possono essere norme più severe e salari più elevati: ma la liberalità octroyée da una singola azienda, non rientra nella filosofia dei contratti di categoria. E poi: di chi erano quei soldi? Nel bilancio della società all’uscita verso i dipendenti della quattordicesima mensilità si deve far fronte con la riduzione dell’utile dell’anno in corso o attingendo quanto degli utili degli anni passati è stato accantonato. Tra gli altri soci nella Sant’Anna potrebbero esserci persone che abbiano anch’esse perso “fiducia nella capacità di acquisto”. La moneta, oltre alla faccia splendente della benevolenza, ne ha sempre un’altra, di cui non conosciamo i dettagli, ma di cui non dobbiamo dimenticare l’esistenza. E infine, ed è la domanda principale, davvero la benevolenza è funzionale a “innescare un meccanismo virtuoso che permetta ai lavoratori di avere maggiore fiducia nella capacità di acquisto”? A tutti i lavoratori, come dice Bertone? La sua iniziativa indica un problema generale, di cui però non può essere soluzione generale: non è “scalabile”, non fosse che perché la sua efficacia pubblicitaria è “bruciata”. Se e in qual misura l’utile aziendale debba essere ripartito in modo più favorevole al lavoro; come il cuneo degli oneri contributivi possa essere ridotto e come diviso tra lavoratori e datori di lavoro: se ne discute da anni, ed è imprescindibile che ora si concluda qualcosa. Sappiamo tutti che la soluzione non è nel cambiare il modo di tagliare la torta, ma nel farla crescere; che questo significa aumentare la produttività delle imprese; che premiare il merito è il solo metodo di validità generale per promuoverne la crescita. Una “benevolenza” uguale per tutti va nella direzione opposta.

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