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La banda larga e la strategia dell’Enel

Pubblicato il 12/04/2016 @ 09:01 in Giornali,Il Sole 24 Ore


Che si sia trovato un modo per fornire un servizio di maggiori prestazioni a un minor costo è una notizia fantastica. L’innovazione del nuovo contatore per l’energia elettrica, unita a quella di fibre ottiche più sottili, riduce il costo di installarle nelle case. Quando si dice l’inesauribile capacità di scoperta del mercato!

Oggi, il principale operatore telefonico nazionale, TIM, collega con fibra la totalità delle sue 10mila centrali, più di 40mila cabinet su 150mila e, con allacciamenti in rame lunghi in media meno di 250 metri, oltre 10 milioni di utenze, concentrate nelle aree più popolose. Su base nazionale sono il 42%, un numero che TIM vuol far crescere del 14% ogni anno, investendo per portare la fibra ad altri cabinet.

Il piano di Enel consiste nel connettere con fibra le utenze domestiche alle centrali TIM, passando o nei propri tubi o sulle proprie reti aeree. Nelle aree (C e D) identificate come quelle in cui non vi è domanda di mercato, potrebbe offrire la connettività a condizioni probabilmente tali da indurre TIM a non fare l’investimento. Nelle aree A e B, TIM non ha vantaggio a comprare connettività da Enel. Questa, deve quindi provare a conquistare, direttamente o tramite altri operatori, i clienti di TIM: dove le prestazioni sono già soddisfacenti, dovrà farlo abbassando i prezzi.
TIM non può controbattere: essendo incumbent in un mercato regolato, a lei non è consentito abbassare i prezzi sotto un determinato livello. Anche Enel è incumbent in un mercato regolato, quello dell’energia. Dal momento che le tariffe elettriche italiane sono tra le più alte e quelle telefoniche tra le più basse d’Europa, a Enel potrebbe riuscire di fare arbitraggio trai due regolatori, o sussidi incrociati tra le due tariffe.

Sarà un business profittevole per Enel?
Per rientrare degli investimenti, dovrebbe avere tanti clienti. Il 42% su base nazionale sono di TIM (e ogni anno saranno il 14% in più). Per avere molti clienti dovrà abbassare molto i prezzi: un equilibrio non semplice. Se fosse un’azienda privata, sarebbe affare dei suoi azionisti. Invece Enel è quotata ma controllata dal pubblico: da cui numerosi conflitti.
Conflitti di governance: per Matteo Renzi la cablatura di 224 città entro il 2018 è punto qualificante dell’azione di governo; invece per risparmiatori italiani e fondi internazionali qualificante è la redditività della gestione e la validità delle strategie. Conflitti di politica industriale: l’arbitro (il governo) scende in campo e usa una “sua” azienda per intervenire anche in aree (A e B) dove un’impresa, italiana e privata, è già presente e investe. e dove nulla impedisce altri player (Vodafone, Fastweb, Wind) di fare lo stesso. Conflitti nei rapporti comunitari: il sottosegretario Zanetti, con riferimento alle voci che vedevano un “interessamento” di Orange per Telecom, ha detto che se si vedessero “comparire altre società partecipate pubbliche di altri Paesi” questa non sarebbe un’operazione di mercato e meriterebbe un “interessamento” delle istituzioni. E se a “comparire” è un’azienda pubblica del nostro Paese, e “l’interessamento” consiste nel portar via clienti a Telecom, non ci sono ragioni per giustificare un ” interessamento delle istituzioni”?

Enel prevede di investire in tre anni 2,5mld di euro (che potrebbero salire a 4). Il Governo ha stanziato 2,2 mld per coprire le zone del cosiddetto “fallimento di mercato”. TIM investirà 3,6 miliardi. Aggiungendo gli investimenti sulla rete mobile (1,2 miliardi della sola TIM, più quelli degli altri tre operatori mobili) il Paese metterà più di 12 miliardi dì euro in 3 anni per nuove reti super veloci. Certo ci farà risalire classifiche che ci mortificano: ma ci farà diventare un “Paese digitale”?

I vantaggi del digitale, quanto a conoscenze, consumi, innovazioni, creazione di imprese, derivano dall’uso di internet, non dalla disponibilità della banda. Il collegamento TIM “standard” fino a 7Mb/s (disponibile per il 99% della popolazione) è sufficiente per navigare su internet, per connettersi alla pubblica amministrazione, per seguire un corso universitario on line. Perfino per vedere film: Netflix richiede 3Mb/s per la versione standard e 5 per l’alta definizione.

I vantaggi del digitale non dipendono dalla tecnologia. Il governo ha ancora una volta voluto incoronare “la” tecnologia vincente, la fibra in casa. Ma il doppino di rame dal cabinet alla casa consente servizi fino a 200 Mb/s (vedi l’offerta Fastweb della scorsa settimana) a un quarto del costo. La tecnologia cammina in fretta: il 4G in laboratorio arriva a 200Mb/s, il 5G arriverà a 5Gb/s. La rete mobile (dove abbiamo una delle maggiori coperture in Europa) potrebbe rendere obsoleto lo scavare cunicoli.

Per cogliere i vantaggi del digitale conta quanto si usala rete: e questo dipende dalla cultura dell’utente, dall’attrattività di servizi, pubblici e privati. È inutile dotarci dell’infrastruttura più abbondante e non disporre di prodotti e servizi che internet rende possibili. Ed è contraddittorio ostacolarne l’uso: come stiamo facendo con il divieto che abbiamo posto a Uber e le difficoltà che stiamo facendo a Airb&b.

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