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Intervento sull’intervista del Segretario ds sulla guerra in Iraq

Pubblicato il 27/03/2005 @ 17:57 in Giornali,La Stampa

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Fassino e Bush, non chiamatelo strappo

Per favore, non chiamatelo strappo. Importante, sorprendente, coraggioso, controverso: ciascuno lo chiami come vuole, ma non strappo. Strappo sarebbe stato dire di sì a chi voleva presentare almeno una mozione sul rifinanziamento della nostra missione in Iraq, e si sarebbe accontentato anche di meno di quello che il segretario Ds ha detto a «La Stampa».

E poi, la parola strappo rievoca altri momenti della storia della sinistra. Ripercorrendoli con amara lucidità, un diessino di antica militanza, Umberto Ranieri, nel libro che ho recensito su «La Stampa», li chiama dilemmi, non strappi: ogni volta più della risolutezza nel separarsi dal passato ha contato la preoccupazione nell’evitare la lacerazione.
Fassino arriva all’Iraq partendo da Cuba, dal testo, precedente di pochi giorni, in cui Claudio Abbado canta le lodi per le «bonifiche» del regime di Castro.
Dalla sacrosanta indignazione, Fassino passa alla condanna del relativismo morale, e quindi alla differenza, di cui aveva già parlato Massimo D’Alema al congresso dei Ds, tra la destra americana del passato e quella di Bush, tra i conservatori di un tempo (ma c’erano anche tanti democratici) che sostennero i dittatori utili, a quelli di oggi che vogliono espandere l’area della democrazia e della libertà.
Ma qui si ferma per il momento almeno Fassino: indica la strada, non ne percorre le tappe. Eppure sono tappe obbligate se non si vuole morire di sete nel deserto.
La prima tappa sta nel non tornare a ribadire ogni volta le ragioni dell’opposizione irriducibile alla guerra in Iraq. L’insistenza su quel no compatta a sinistra, ma continua a impedire l’avvio necessario di una seria riflessione su quando e come si debbano compiere necessari interventi per ingerenza umanitaria e per il rispetto delle libertà e della democrazia: e in questa riflessione consiste la seconda tappa. La terza è una revisione generale della politica estera indicata dai Ds e dall’Unione contro il terrorismo e le autocrazie, Non si possono apprezzare le novità dalla Palestina al Libano, dall’Egitto all’Arabia Saudita, e non rivedere i propri giudizi. Da chi considera l’Onu la sola fonte di legittimazione, e quindi condanna l’unilateralismo di Bush e non il cinismo di Chirac nello spingervelo, il riconoscimento delle colpe dell’Onu fatto dallo stesso Kofi Annan nel proporre le sue riforme, dovrebbero suggerire, se non uno «strappo», un po’ più di un dubbio.
I Ds hanno avvolto nell’applauso finale le parole di Massimo D’Alema sui conservatori americani. «L’Unità» e «il Riformista» hanno accolto le più organiche riflessioni di Piero Fassino. Il dissenso di Rifondazione e dintorni è benvenuto. Et aliquando dormitat Cacciari. Ma Romano Prodi non ha preso il testimone del capo del maggior partito della sua coalizione, per portarlo un passo avanti. «Repubblica», ha giudicato Fassino tacendone. A ben vedere, non è colpa di Fassino se non è il caso di parlare di strappo.

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