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Imprese e politici, responsabilità diverse

Pubblicato il 31/03/1993 @ 18:22 in Giornali,La Stampa


Sembra prevalere, in parte dell’opinione pubblica, un atteggiamento di e quindi stanza, che giudica sistema politico e sistema delle imprese private simmetricamente corresponsabili della situazione al cui disvelamento stiamo assistend9. Ci sono ragioni per ritenere tale giudizio sbagliato e dannoso. E’ necessario, premettere in modo convinto ed esplicito che ciò non significa in alcun modo prendere posizione critica’ nei riguardi delle vicende penali in corso o di quelle future: innanzi tutto perché i fatti penali sono fatti individuali, mentre qui il discorso è sul sistema delle imprese; poi perché solo i giudici hanno conoscenza piena dei fatti, competenza ed autorità per collocarli nell’insieme delle norme.

I giudici si avvalgono, nella loro opera, anche di una ritrovata consonanza tra ciò che è illegale secondo le nonne e ciò che lo è per il comune sentire; questa consonanza consente e richiede da tutti disponibilità piena e senza riserve a denunciare i passati legami.
Una prima ragione di asimmetria sta nel fatto che un Paese può cambiare il proprio sistema politico, nel personale e nelle regole: da anni si parla anzi di riformarlo proprio nel senso di consentire l’alternanza. Mentre il sistema delle imprese non può essere soggetto ad alternanza, che non sia quella fisiologica. Le imprese non sono solo la struttura portante di un Paese moderno, esse sono il Paese; e ciò in un senso ampio, non solo perché sono il luogo dell’attività economica.
Una seconda asimmetria sta nella responsabilità riguardo alla libertà di mercato e di concorrenza. Ogni impresa sana tende al monopolio o all’oligopolio.
Tutte le teorie di management, diffuse da scuole e università di tutto il mondo, insegnano proprio i mezzi attraverso i quali un’azienda può acquisire un vantaggio strategico permanente, battere la concorrenza, conquistare posizioni dominanti; nessun mercato tanto meno quello domestico, può essere lasciato alla concorrenza. E’ compito dei poteri pubblici dare regole e applicarle. La concorrenza nasce proprio da questa tensione tra aziende che cercano di occupare il mercato e autorità pubbliche che ne limitano il potere per assicurare libertà di impresa. La tendenza a formare trust e spartirsi il mercato è fisiologica: diventa patologica nella latitanza del potere pubblico. Da noi non si è trattato di latitanza: i partiti hanno strumentalizzato la fisiologia del comportamento d’impresa per imporre la loro «regolazione» del mercato, dettando regole di concorrenza giocata su criteri non di utilità, prezzo e caratteristiche, bensì di padrinato politi-co e di percentuali.
Rivelatrice è un’altra asimmetria: non essersi cioè trovati finora manager che abbiano approfittato di situazioni di discrezionalità amministrativa per volgerla a personale .arricchimento: mentre tra il personale, politico abbondano casi clamorosi del contrario.
L’asimmetria tra sistema politico e sistema delle imprese private viene invece evocata quando si sostiene che queste avrebbero potuto resistere alle richieste. E’ arduo sostenere l’impossibilità di opporsi e con verrà anche distinguere: alcune imprese potranno risultare indifendibili; altre impresesi sono opposte, ed hanno subito ‘per questo pesanti conseguenze.
Era certo possibile rinunciare: difficile distinguere tra rinunciare ad una fornitura e rinunciare a fare il proprio mestiere dovere; tra rinunciare a provvidenze, per esempio quelle stabilite a favore del Mezzogiorno, e rifiutarsi al proprio ruolo nella politica industriale del Paese.
Denunce più nette erano certo possibili: ma non erano le denunce. che mancavano. Ci furono più timorose connivenze che coraggiose opposizioni: ma queste, quando ci furono, dettarono reazioni e ammonimenti severi da parte del mondo politico.
Alle imprese private è stato opposto l’esempio di chi ha saputo, anche eroicamente, resistere alla mafia. Paragone sconcertante, per essere stato fatto non ieri, e da fonte autorevolissima.
Ma mentre la mafia si presenta come male, il potere si presenta con l’autorità della propria investitura; il mafioso esibisce la lupara mentre dietro la scrivania di ministri e sottosegretari sta la bandiera nazionale. Un’altra asimmetria infine oppone imprese private ed imprese pubbliche. Non c’è bisogno di rivelazioni, né di ricordare gli scopi dichiarati delle grandi nazionalizzazioni per sapere che i partiti hanno usato le imprese di proprietà dello Stato non solo come fonte di approvvigionamento, ma per imporre la legge tangentizia anche alla imprese private.
Le ragioni per le critiche, storiche e politiche, al nostro capitalismo, risultano, anche a causa di queste circostanze, grandemente aumentate. Le nostre imprese. avrebbero dovuto .sviluppare le loro capacità concorrenziali sul libero mercato, e sono state indotto a sviluppare capacità di lobby.
Avrebbero avuto bisogno di un mercato più ampio, e hanno contribuito all’ingigantirsi del sistema delle imprese pubbliche scaricandovi le proprie attività in perdita. Avrebbero dovuto imparare a confrontarsi in un mercato finanziario aperto, e l’hanno trovato strangolato da un debito pubblico gonfiato anche dagli sprechi tangentizi. Avrebbero avuto la possibilità di scelte e alleanze clic ne’ facessero la classe egemone ed hanno . accettato la subalternità.
Tuttavia, nel bene e nel male, è il nostro sistema economico: dovrà essere migliorato, non può essere sostituito. Ad esso, alla sua capacità di reagire, è affidato il nostro futuro.
Il sistema pelle imprese, denunciati fino in fondo i passati legami, dovrà raddoppiare i propri sforzi per contribuire alla ricostruzione, dovrà pretendere nuove garanzie di libertà dei mercati, esigere di lavorare in condizioni in cui «essere governativi» non, debba più essere una colpa.

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