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Il vuoto politico

Pubblicato il 06/02/2004 @ 11:23 in Giornali,Il Sole 24 Ore

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Doveva essere la grande riforma del credito e delle autorità che vi presiedono: si é chiusa con un compromesso.

Doveva essere la grande riforma del credito e delle autorità che vi presiedono: si é chiusa con un compromesso. Doveva fare chiarezza sulle divisione dei compiti, definire le responsabilità dei gatekeeper, aiutare chi sta nelle regole e punire severamente solo chi vi si discosta: nel progetto che il governo manda in Parlamento il controllo sul sistema finanziario è affidato a 5 istituzioni diverse, in cui la dialettica tra vigilanza e concorrenza nel sistema bancario è minata da veti che diluiscono i poteri senza assegnare responsabilità.

Qualche potere in più alla Consob, qualche appesantimento delle pene e dei profili penali; la norma più incisiva é l’obbligo fatto a Bankitalia di proceduralizzare e giustificare le sue decisioni. Non piccola cosa, rispetto all’opacità del passato: ma il Ministro Tremonti dovrà usare tutte le sue doti dialettiche con i suoi colleghi del G7 riuniti a Boca Raton, che gli chiederanno se é tutta qui la reazione dell’Italia alla sua Enron, a uno scandalo che Tremonti stesso aveva paragonato a quello della Banca Romana. La possibilità che il Parlamento migliori il testo, presuppone che si formino alleanze trasversali provviste della coerenza e della forza che sono mancate in Consiglio dei Ministri: un’eventualità che dipende da incerti equilibri politici. Il maggior danno arrecato dal caso Parmalat al paese é reputazionale; porvi riparo era il compito primo del governo; l’obbiettivo é stato mancato.
A determinare questo risultato ha concorso anche l’aver posto la protezione del risparmio come obbiettivo esclusivo della propria azione; lasciando invece in ombra l’altra parte del problema, e cioè il funzionamento del sistema di finanziamento delle imprese. Quando il Ministro Tremonti dichiarava enfaticamente di mirare solo a proteggere risparmio e risparmiatori, alcuni pensarono che pagasse un tributo per ottenere consenso popolare al suo progetto; quando, testimoniando davanti alla Commissione di indagine, sarcasticamente irrideva come zelante neoconvertito chi, a sinistra, indicava nel mercato e nella concorrenza gli strumenti più idonei a tutelare il risparmio, si pensava che volesse proteggere “lo spirito dell’Aspen”, vale a dire la disponibilità a discutere con l’opposizione i rimedi a un tale disastro.
Solo voci isolate sono state dalla parte delle imprese. Pochi hanno ricordato che la storia Parmalat é anche una storia di crediti concessi a chi non avrebbe dovuto accedervi. E’ facile contare le perdite subite dai risparmiatori: ma, oltre a queste, c’é anche ciò che non si conoscerà mai, le iniziative che non sono state finanziate, le idee che non sono diventate prodotto, la crescita che non si é avuta.
Non si sono riconosciuti i problemi sistemici. Durante gli anni ‘90, grazie alla diffusione dei derivati, le imprese italiane grandi e medie sono diventate intermediari del mercato globale della finanza, in qualche modo banche esse stesse. Le banche italiane, osserva Massimo Lo Cicero, si sono progressivamente trasformate in brokers, grazie al fatto che i rapporti tra il debitore e il creditore potevano essere cartolarizzati. Fare scendere in tal modo la propria esposizione verso quei medesimi clienti, grazie ai fondi raccolti con le emissioni da loro organizzate, ha certamente consentito un riproporzionamento dei mezzi propri e dei rischi delle banche senza raccogliere dal mercato nuovi apporti di capitale. Ma il risultato é stato che, invece di fare intermediazione finanziaria, le banche fanno gestione di patrimoni o gli agenti di Borsa. E il paradosso é che noi, invece di spingerle a fare il loro mestiere, le proteggiamo dalla concorrenza estera, per paura che ce le portino via.

Escissa la patologia Parmalat, messo sotto esame il paziente per evitare ricadute, possiamo dire che la fisiologia del finanziamento delle iniziative di impresa é soddisfacente? Per le grandi, ma soprattutto per le piccole? Funziona meglio o peggio che all’estero? Il nostro, oltre ad essere un sistema bancocentrico, in cui le banche controllano la maggior parte degli intermediari e sono proprietarie della Borsa, é anche un sistema compattamente controllato da Bankitalia, grazie a un’interpretazione della stabilità che tutto comprende, la normale attività creditizia e gli assetti proprietari. Il sistema bancario, il ruolo delle autorità e la molla della concorrenza per aumentane l’efficienza allocativa: questi dovevano essere gli obbiettivi da perseguire. Invece, non affrontati i problemi sistemici, lasciato sostanzialmente intatto il verticismo con cui viene controllato il sistema del credito, restano solo gli appesantimenti dei controlli e l’inasprimento delle sanzioni. Per le aziende, anche quelle sane e oneste – cioè la grandissima maggioranza – maggiori sanzioni e pochi vantaggi.
Eppure le prime fasi della vicenda lasciavano ben sperare: il Ministro aveva aperto all’opposizione con la famosa riunione dell’Aspen; l’opposizione aveva risposto, contenendo la diffidenza di chi, nelle sue fila, vedeva nell’attivismo del Ministro solo un mezzo per dislocare le banche, esse pure, nel campo gravitazionale dell’esecutivo. Ma, ben presto, si é ripetuto il solito copione: come per la riforma del mercato del lavoro, finita con la riformicchia dell’art.18 e il pasticcio dei co.co.co; come per quella delle pensioni, annunciata impiegando tutta la capacità mediatica dal Presidente del Consiglio, e finita nelle sabbie mobili del Ministero del Lavoro; come per quella della scuola, lasciata senza finanziamenti. Come perfino per la nostra partecipazione alla guerra al terrorismo, premiata come un aiuto umanitario.
Non basta avere 100 deputati di maggioranza: le resistenze dei poteri che si vedono toccati dalle riforme, i sindacati, le gerarchie ecclesiastiche, Bankitalia, le procure, le corporazioni, si insinuano nelle divisioni tra i partiti della coalizione. Invece della mediazione politica con l’opposizione, si ha il cedimento nella stessa maggioranza: la coincidenza con il voto sulla Gasparri che ha consigliato il ritorno della legge in Commissione, non é probabilmente casuale.
Nel vuoto della politica, a procedere é l’attività della magistratura. Anche questo, un copione noto: lo abbiamo visto per Tangentopoli, o per gli assetti del sistema televisivo. Ci sono meno ostacoli sulla via giudiziaria alle riforme: ma quanto ai risultati, é un altro discorso.

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