Il vero mercato è lontano

gennaio 8, 1996


Pubblicato In: Giornali, La Stampa


L’At&t taglia 40 mila posti di lavoro, 24 mila dei quali riguardano posizioni manageriali; Telecom Italia ottiene la ‘rimodulazione’ delle tariffe, in pratica l’aumento del canone e delle telefonate urbane contro una riduzione di quelle interurbane e internazionali. È certamente un caso che le due notizie siano arrivate a distanza di un paio di giorni l’una dall’altra, ma entrambe fanno parte di uno stesso quadro, il futuro delle telecomunicazioni sotto le azioni combinate di progresso tecnologico e concorrenza.

In America, come è noto, la rottura del monopolio dell’ At&t assegnò a questa, in concorrenza con Mci e Sprint, il traffico a lunga distanza, e alle compagnie regionali, le Baby Bell, il traffico urbano. Dodici anni dopo, questa divisione di campi d’azione viene fatta cadere. Impegnata a mantenere la leadership internazionale, a subire la concorrenza delle Baby Bell sul traffico interurbano e a combatterle sul traffico urbano, At&t si predispone a farlo attraverso questa gigantesca ristrutturazione. È anche questo ricupero di effi-cienza, e l’abbassamento delle tariffe che ne deriva, che ha reso possibile lo sviluppo dei servizi connessi al telefono, in primo luogo quelli che ruotano intorno a Internet.
Questo è il tipo di avversari che si troveranno di fronte le Telecom europee quando, nel 1998, il servizio voce sarà liberalizzato. In Inghilterra, dove lo è già da anni, British Telecom ha tagliato il 25 per cento dei posti di lavoro: eppure è ancora lontana dall’efficienza Usa (48,8 dipendenti per 10 mila linee, contro 27 di una compagnia americana di analoghe dimensioni).
È in questa prospettiva di concorrenza globale che la ‘H-modulazione’ delle tariffe decisa dal governo ha un suono stridente, a dispetto del melodioso nome con cui viene chiamata. Stridente per più motivi. Primo, perché mentre negli Usa si operano tagli di costi, che preannunciano tagli di tariffe, da noi le tariffe si ribilanciano. Secondo, perché anche se ridurre il sovvenzionamento delle telefonate urbane da parte di quelle a lunga distanza ha una sua logica, il tutto avviene da noi nella più completa opacità, il monopolista guardandosi bene dal fornire dati sulla propria struttura di costi e soprattutto di margini. Terzo, perché fa capire quale è la strategia Telecom in vista della liberalizzazione del traffico voce: abbassare le tariffe per rendere meno agevole l’ingresso dei concorrenti là dove questo è inevitabile, e aumentare i margini nel traffico urbano. Investire questi profitti nel faraonico progetto di cablatura delle città, e opporsi al sorgere di operatori cavo in ambito locale, è l’altro pezzo di una strategia volta a proteggere il monopolio là dove è più difficilmente attaccabile.
Stet è stata incapace di inserirsi in alleanze strategiche a livello mondiale, il suo tentativo di espandersi in modo autonomo sui grandi mercati emergenti è fallito con la mancata conclusione dell’accordo in Russia: dal suo punto di vista la strategia di proteggere l’ambito più interno del mercato interno è comprensibile. Meno logica è favorirla da parte del governo, che dovrebbe proteggere prima di tutto gli interessi dei consumatori. L’anticipo di un anno nella liberalizzazione del servizio voce è dunque la decisione governo dovrebbe prendere insieme a quella della rimodellazione delle tariffe.

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