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Il sabato del villaggio – 11 settembre 2010

Pubblicato il 11/09/2010 @ 12:28 in Articoli Correlati


di Giovanni Valentini

La formazione dell’ opinione pubblica (…) è sempre più largamente un prodotto pianificatoe confezionato con le tecniche della pubblicità commerciale e controllato dai tycoons dell’ informazione di massa. (da “Democrazia senza democrazia” di Massimo L. Salvadori – Laterza, 2009 – pag. 60) Al di là delle strumentalizzazioni e delle convenienze di parte, di fronte alla spettacolare implosione del centrodestra innescata dall’ espulsione di Gianfranco Fini e dei suoi fedelissimi dal PdL, in un Paese normale sarebbe fisiologico andare alle elezioni anticipate per ricostituire una maggioranza parlamentare e di governo. Ma, in una situazione evidentemente anomala come quella italiana, sarebbe ancora più opportuno modificare prima la legge elettorale e stabilire magari nuove norme per assicurare la regolarità della competizione.

Altrimenti, l’ Italia rischierebbe di ritrovarsi a breve in una condizione analoga o forse anche peggiore. Il fallimento della legge elettorale in vigore è sotto gli occhi di tutti. Definita – come si sa – una “porcata” dal suo stesso artefice, il ministro leghista Roberto Calderoli, ha prodotto la più grande maggioranza parlamentare nella storia della Repubblica. Ma neppure questo è stato sufficiente a tenerla in piedi più di mezza legislatura. La legge in questione ha notoriamente due gravi difetti che la rendono illiberale e antidemocratica. Il primo consiste nel meccanismo per cui la coalizione che consegue la maggioranza relativa, anche inferiore al 30 per cento, conquista una larga maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento. Un superpremio di maggioranza, insomma, che altera e distorce il responso delle urne, consentendo poi a una minoranza elettorale di governare contro la maggioranza reale del Paese. Il secondo difetto, non meno grave del primo, è che espropria i cittadini del diritto di scegliere i loro rappresentanti consegnando questo potere esclusivo nelle mani dei capi-partito. I parlamentari non sono più eletti dal popolo, ma nominati dall’ alto. E perciò stabiliscono con i rispettivi vertici non già un rapporto di lealtà o di fedeltà, bensì di subalternità pressoché assoluta: fino alla sottomissione personale o addirittura alla “prostituzione”, come ha denunciato nei giorni scorsi la parlamentare finiana Angela Napoli. Aggiungiamo pure un ulteriore elemento che spesso si tende a ignorare o trascurare. In forza di questa legge, nelle due Camere siedono attualmente un’ ottantina di parlamentari inquisiti, imputati o prescritti. E, fatto ancora più scandaloso, una ventina fra deputati e senatori che sono tecnicamente pregiudicati, cioè condannati con sentenza definitiva: l’ elenco completo si può consultare nell’ ultimo libro di Marco Travaglio, Ad personam (pagg. 465469). Prima di tornare alle urne, le forze politiche – di destra, di centro e di sinistra – non vogliono prendere almeno l’ impegno formale di non ricandidare più delinquenti? E veniamo alla regolarità della competizione elettorale, a cominciare dalla questione tuttora aperta del conflitto d’ interessi. Già a suo tempo l’ ex direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli, scrisse che senza aver risolto questo problema “la legislatura non sarebbe neppure cominciata”. Ma alla fine del prossimo dicembre, in base alla famigerata legge Gasparri, scadrà la norma della vecchia legge Mammì che vietava a chi possiede tre reti televisive di acquisire il controllo dei giornali. E il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi – se e quando volesse – potrebbe acquistare anche il quotidiano di via Solferino o qualsiasi altro, ammesso che con le sue larghe disponibilità o con altri mezzi riesca a convincere gli attuali proprietari a vendere. Negli archivi di Montecitorio, dal 30 aprile scorso giace in proposito una micro-proposta di legge i cui i primi firmatari sono Paolo Gentiloni (Pd), Giuseppe Giulietti (IdV) e Roberto Rao (Udc). Il testo contiene un solo articolo, di poche righe, che proroga ulteriormente al 31 dicembre 2015 una tale eventualità. Non è arrivato ormai il momento di mettere ai voti questa proposta e magari di approvarla? Poi, c’ è il controverso capitolo delle nuove frequenze televisive da assegnare, il cui numero è aumentato in seguito all’ introduzione del sistema digitale terrestre. Dagli Usa all’ Europa, sono state messe a gara e lo Stato ha realizzato incassi cospicui: una ventina di miliardi di dollari in America, quattro miliardi di euro in Germania. E altrettanto intendono fare nel 2011 anche Francia e Gran Bretagna. In Italia, dove l’ asta potrebbe rendere due o tre miliardi di euro, non se ne parla e anzi si pensa di redistribuire queste frequenze all’ interno del vecchio club televisivo, dominato da Rai e da Mediaset. Sarebbe un altro scandalo di regime, a vantaggio dei soliti noti e a danno dell’ erario: quindi di tutti noi, cittadini e contribuenti.

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