Il fantasma del populismo

maggio 6, 2002


Pubblicato In: Giornali, Panorama


Uno spettro si aggira per l’Europa: in Francia con Le Pen, in Italia, invece…

“ Ma io vado a tutte le manifestazioni: resisto”. Non male la sarcastica battuta di Massimo D’Alema, a Paolo Franchi che lo stuzzicava sui girotondin-resistenziali.


La sua intervista al Corriere si è distinta dai commenti sulle elezioni francesi prevalenti nella nostra sinistra. Dove da un lato si è puntato il dito sulle divisioni (e a gridare più forte erano quelli che più lunga hanno la coda di paglia); dall’altro si è accusato il populismo, mettendo in un sol fascio Le Pen, Bossi e Berlusconi.

Per D’Alema il fatto saliente è che solo un francese su 4 abbia trovato conveniente esprimere un voto utile per il governo. Dopo che l’union sacrèe avrà consegnato l’Eliseo a Chirac, a giudizio del presidente dei ds si pone il problema di “un’intesa
istituzionale, e prima ancora culturale, senza la quale il bipolarismo non potrebbe reggere alle spinte antisistema di destra o di sinistra”: riconoscendo cioè che queste spinte stanno purtroppo anche nel proprio campo.

I due pilastri della democrazia sono il versante costituzionale e quello popolare, di cui il populismo, come scrivono gli “esperti” Yves Meny e Yves Surel, è la degenerazione. In Italia ha nettamente prevalso, fino agli anni ’90, il versante costituzionale: su cui, benché all’opposizione, si è collocato sempre il PCI – PDS. E’ quindi coerente con la sua storia, D’Alema, quando assume a modello di classe dirigente “quella del primo dopoguerra”.
Invece in una certa sinistra si ritrovano oggi le manifestazioni tipiche del populismo: leadership fuori dai partiti, fascinazione per gli esempi e l’oratoria dei predicatori, movimenti single issue, partecipazione diretta saltando la mediazione dei rappresentanti, propensione al muscolarismo piazziaiolo sino alla strizzata d’occhio, in taluni, alle frangie di protesta più estreme.

D’Alema, collocando la lotta politica tutta all’interno del “sistema”, segnando l’irriducibile antitesi tra classe di governo e capataz dei movimenti carcerolazos, indica all’opposizione una direzione diversa dalla deriva arroccata nel quadrilatero Cgil-professori- palavobis-no global.

Al di là delle sue responsabilità passate, D’Alema ha il merito di ricordare a quella sinistra, che si agita timorosa di perdere la propria identità, che il populismo non ha mai fatto parte della sua storia, e che la sua vera identità, in un mondo ormai interamente capitalistico, la può trovare solo nella cultura di governo.

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