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Il diessino Debenedetti: «Dovevamo approvarli noi»

Pubblicato il 19/08/2001 @ 16:46 in Varie


Intervista di GBB.

Franco Debenedetti, senatore dell’Ulivo, è uomo d’impresa, ma anche uomo della sinistra. La sua apertura alle sollecita­zioni di Fazio sulla flessibilità in uscita è un segnale impor­tante. Debenedetti annuncia che, alla ripresa dei lavori par­lamentari, ripresenterà il suo disegno di legge in materia: «Se la sinistra, nella scorsa legi­slatura, l’avesse fatto proprio, sarebbe stato un atto di gran­de coraggio politico. Oggi è inutile nascondersi, le cose so­no del tutto diverse».

Senatore, Fazio da tempo batte sul tasto della flessibili­tà per far ripartire l’econo­mia: è d’accordo?
«Il governatore, con grande autorevolezza, da tempo sol­lecita maggiore flessibilità nei contratti come uno dei modi per dare più vivacità al­l’economia. È un’impostazio­ne ormai ampiamente rico­nosciuta come valida. Dal mio punto di vista va data al problema una risposta in ter­mini di efficienza ed equità, bilanciando le due esigenze. L’efficienza, non solo dal punto di vista delle imprese, ma dell’intero sistema, è rag­giungibile più facilmente se la mobilità da un lato facilita l’assunzione di rischio da par­te delle imprese, e dall’altro aumenta la produttività del si­stema, rendendo più facile che i posti di lavoro vengano ricoperti dalle persone che hanno le caratteristiche adat­te».

La maggiore flessibilità non è dunque solo interesse del­le imprese.
«Anche dal punto di vista del­la sinistra, una risposta di effi­cienza globale è un interesse collettivo, non solo delle im­prese, ma anche dei lavorato­ri. Flessibilità non vuol dire licenziamento facile, vuol dire togliere delle sicurezze ad alcuni, ma offrirne a chi oggi ne è del tutto sprovvisto. Non c’è flessibilità senza sicurez­ze: altrimenti, chi ha un po­sto fisso vi si abbarbica come un’ostrica allo scoglio».

Qual è la caratteristica del suo disegno di legge?
«È un accurato bilanciamen­to fra sicurezza e flessibilità: leva l’assicurazione a vita del posto di lavoro, ma offre qual­che forma di sicurezza ai tanti occupati in contratti atipici, senza tutele. Allo stesso tempo dà alle imprese certezze sui costi dei licenziamenti ma non mette in discussione il principio di giusta causa».

La sinistra è culturalmente pronta ad affrontare questo difficile tema?
«La ragione per cui sostengo il mio disegno di legge è perché si tratta di un provvedimento che avrebbe avvantag­giato la sinistra, se l’avesse fatto proprio. Sarebbe stato un atto di grande coraggio. Inutile nascondersi che, oggi, la situazione è molto diversa: allora era più facile per la sini­stra adottare la mia proposta, ora è più difficile. Ma le ragioni alla base del disegno di leg­ge continuano ad essere valide, anche per evitare che ven­gano avanzate proposte che contengano minore equità».

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