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Il desiderio di possesso salva l'arte

Pubblicato il 08/03/2010 @ 13:24 in Giornali,Il Sole 24 Ore

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Il Caravaggio restaurato suggerisce di avviare meccanismo d’asta per assegnare ai privati il recupero di opere e documenti. Pensiamo a un portale

A Caravaggio è andata bene: è bastato che Marco Carminati, sul Sole 24Ore del 9 Febbraio scorso, desse l’allarme, segnalando il rischio di perdere documenti che testimoniano della sua arte e della sua vita, quando basterebbero 2500€ per restaurare ciascuno dei trenta volumi in cui sono raccolti, perché scattasse una gara di generosità: imprese e privati cittadini si sono offerti per sostenere l’operazione di restauro.

E gli altri?

Di Caravaggio ricorrono i 400 anni dalla morte, le sue opere sono esposte in mostre di risonanza mondiale, i misteri che circondano la sua vita appassionano quanto i suoi dipinti. Ma quanti documenti ci sono che non beneficiano di ricorrenze, che non parlano dell’arte somma e delle turbolenti avventure di uno dei pittori più famosi, ma che sarebbe egualmente intollerabile che andassero persi? È possibile trovare il modo di estendere il “salvataggio” di cui ha beneficiato Caravaggio ad altri documenti meritevoli, anche se meno celebri?

Quello del restauro è un mercato, con un’offerta e una domanda. L’offerta si costruisce nel tempo: in Italia possiamo metterne in campo una di gran livello – ricordo solo la scuola nella Reggia di Venaria Reale – e di vasta reputazione – basta citare le ricostruzioni di Noto e dell’Aquila. La domanda invece è elastica, aumenta con la consapevolezza del valore del proprio patrimonio culturale, con l’attenzione a radici e memorie. Si rafforza con gli esempi: le diecine di migliaia di visitatori accorsi a vedere a Milano la “Conversione di San Paolo” degli Odescalchi, hanno riportato a casa l’emozione per un dipinto straordinario, ma anche informazioni su sofisticate tecniche di restauro. Anche la vicenda da cui abbiamo preso le mosse ha fatto conoscere a tanti una realtà, quella degli archivi, che si riteneva interessasse solo studiosi ed eruditi. Vale la pena stimolare la domanda: non solo per trovare risorse e mettere in sicurezza testimonianze che rischiano di perdersi, ma ancor più per prendere coscienza del valore del nostro patrimonio culturale. Materiale c’è in abbondanza: gli Archivi di Stato sono un sistema organizzato e informatizzato, che copre tutto il territorio, che ha ereditato i documenti dagli stati preunitari fino al Medioevo; quello di Roma è il più famoso, per aver sede nell’ineguagliabile capolavoro borrominiano della Sapienza, e per la ricchezza della dotazione di documenti vaticani. Lì stanno le carte del processo a Giordano Bruno: quelle della Reverenda Camera Apostolica possono destare, ovviamente per motivi diversi, fascinazioni che travalicano i confini nazionali; nei catasti degli stati pontifici nipoti e pronipoti di emigrati possono ricercare le proprie origini: c’è materia per creare un “mercato” internazionale del restauro di documenti d’archivio. Per riuscirci, propongo un meccanismo che fa leva sul desiderio di possesso e sullo spirito di competizione: aste per “acquisire un restauro”. e si sa quanto interessino a solide e illuminate confraternite.

Quanto al possesso, è chiaro che il documento resta dov’é. Ma se il restauro è un valore, un bene che si aggiunge all’oggetto restaurato, allora deve essere possibile acquisire il “diritto di proprietà del restauro”. Sarà testimoniato sull’originale da un ex libris che riporti il nome del “proprietario del restauro”; sarà certificato da un documento che rechi la riproduzione della copertina o di una pagina significativa, una nota bibliografica: e il nome del “proprietario del restauro”. Questi potrà usare il certificato per usi individuali o aziendali, per soddisfazione personale o per promozione pubblica, potrà cederlo, regalarlo, lasciarlo in eredità. Avrà il diritto di andare a visitare la “propria” opera. Si può anche immaginare che, nel caso l’opera venga chiesta per la riproduzione, all’Archivio di Stato spetti il potere di concederla, e al “proprietario del restauro” spettino i diritti d’autore.

A suscitare lo spirito di competizione, servirà l’asta pubblica. Potrebbe chiamarsi www.myexlibris.it il portale, una sorta di vetrina di libraio, o di banco elettronico di antiquario, in cui l’Archivio di Stato esponga lotti – per usare il termine consueto nelle aste di opere d’arte – ciascuno costituito da uno o più documenti, per il cui restauro indica il prezzo base. Questo prezzo non è in relazione al costo del restauro, ma al valore che si immagina esso possa avere per chi lo “compera”: credo che i prezzi base possano andare da 100 a 10.000 €. Si svolgono normali aste, analogamente a quanto avviene su e-Bay, della durata di una diecina di giorni, durante i quali sul sito si danno notizie sull’opera, si scambiano opinioni, si formano “cordate” ( ad esempio una famiglia, una classe, un ufficio), si segue l’andamento delle offerte. Si può immaginare un meccanismo virtuoso, per cui nell’Archivio di Stato si scoprono sensibilità commerciali che sanno scovare e mettere in evidenza rarità preziose e trouvailles curiose, e nel pubblico di tutto il mondo cresce il desiderio di impossessarsi della nuova vita che ad esse garantisce il “proprietario del restauro”.

P.S. Il dominio www.myexlibris.it, è a disposizione del Ministero dei Beni culturali, da cui dipendono gli Archivi di Stato. Con una certa dose di ottimismo, ho provveduto a registrarlo.

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di Marco Carminati – Il Sole 24 Ore, 9 febbraio 2010

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