Il conflitto e l’ipocrisia

settembre 9, 2022


Pubblicato In: Giornali, Il Foglio


Al Direttore.

“Esiste un filo tra lettori ed elettori?” si domanda il direttore. In realtà tra le copie vendute dai libri dei politici e i voti raggiunti nelle passate elezioni sembra non esserci relazione; ma “frugando in modo malandrino” nei database dei numeri “si scopre qualcosa di interessante sulla loro capacità di appassionare, di coinvolgere, di incuriosire e di intrigare”. La domanda di Cerasa può estendersi: tra intellettuali che scrivono ed elettori che leggono, che filo esiste?

Anche lì “frugando in modo malandrino”, si scoprono cose interessanti. Ad esempio: Carlo Rovelli, l’autore di “Sette brevi lezioni di fisica”, l’inaspettato bestseller che nel 2015 fu il secondo libro più venduto in assoluto da Amazon, scrive sul Corriere della Sera (31 luglio 2022) un editoriale “Il conflitto e l’ipocrisia: serve un nuovo soggetto politico, l’umanità”. Il conflitto essendo ovviamente quello ucraino, l’ipocrisia sarebbero gli occidentali. Perché li ingannano quando sostengono compatti che si deve condannare e contrastare chi invade uno stato vicino? O perché danno loro aiuti militari per difendersi (a meno che l’inganno consista nel dargliene meno di quanto hanno fatto sperare) e impongono sanzioni agli aggressori?

L’ipocrisia, secondo Carlo Rovelli consisterebbe nel fatto che l’occidente si lancia “a cantarsi come detentore dei valori, baluardo della libertà, protettore dei deboli, garante della legalità, speranza per la pace” e “ostenta, ripete, declama la ferocia russa e cinese”. E parte a snocciolare l’elenco delle operazioni militari in cui si sono impegnati gli Stati Uniti e dei suoi alleati: dalle bombe di Hiroshima e Nagasaki, all’Afghanistan (dove però prima c’era stata l’invasione russa), Iraq, Libia, Serbia, Yemen, Grenada, Panama, Cile, Algeria, Egitto, Palestina.

Ma ammassare fatti diversi, senza contestualizzarli, è moralismo apodittico e antistorico: se a negare il metodo scientifico è uno scienziato, la sua colpa è maggiore dell’ipocrisia. Il giudizio storico si basa sull’analisi razionale delle fonti; le conclusioni a cui giunge sono esposte al confronto con altri studiosi, e aperte a nuove evidenze documentali. In molti dei casi citati il giudizio è severo. Ma non è necessario che il nemico sia il nazifascismo perché combatterlo non sia “ipocrita”.

La storia ha giudicato il comunismo, l’imperialismo sovietico, le repressioni in Polonia e in Ungheria; il giudizio storico l’hanno dato i paesi che, appena caduti Muro e cortina di ferro, non hanno avuto dubbio da che parte stare. Che ci si sentisse più sicuri “stando di qua” e cioè sotto l’ombrello Nato, lo diceva anche Enrico Berlinguer: ipocrita quando lo diceva o quando ci si opponeva? Invadere l’Iraq è stato senz’altro un errore, ma perseguire i terroristi dell’11 settembre era imprescindibile per un paese attaccato in casa propria per la prima volta nella sua storia. Perfino Hiroshima, dimostrando che l’opzione atomica non è un’ipotesi teorica, potrebbe aver contribuito a rendere credibile l’equilibrio del terrore che ci ha dato questa lunga pace; e poi, abbiamo visto quei corpi straziati, non il milione di quelli che probabilmente sarebbero morti in una guerra portata in terra giapponese.

Di certo quelle armi hanno dato tranquillità all’Europa, come le portaerei americane la danno al Giappone e all’Australia: non sono bastate a garantire la libertà a Hong Kong, ma sono la protezione perché non succeda lo stesso a Taiwan. Rovelli deride chi si preoccupa per la salute mentale di quanti manovrano a distanza i droni killer (perché non dell’adrenalina dei piloti veri?): ma non ha una parola per i bambini deportati in Russia, 190 mila a fine aprile secondo il governo russo, probabilmente molti di più. Ipocrisia è non chiamarlo genocidio.

Che cosa vogliono gli ucraini lo sanno tutti. Ipocrisia è far finta di non sapere che cosa vuole Putin: non avere uno stato democratico ai suoi confini. Poco importa che l’Ucraina sia distrutta, serve come primo tassello verso la ricostituzione dell’impero quale fu prima che Gorbaciov restituisse la libertà alle repubbliche dell’Urss. Putin ha dimostrato di essere un invasore seriale: Cecenia, Siria, Crimea. Se non verrà fermato, tutti i paesi confinanti a ovest temeranno che ricominci. Non è né “scientifico” né “politico” il filo che collega il fisico famoso autore di successo e l’elettore che legge la pagina dei commenti del maggior quotidiano italiano. Il corteo di “zombi, giornalisti, editorialisti e politici di stati vassalli come il nostro” a seguito della “classe dominante occidentale che ci sta portando verso la terza guerra mondiale”, Rovelli lo accusa di ipocrisia. Ma è insipienza usare la propria reputazione per distogliere l’attenzione del lettore-elettore dall’importanza che avrebbe per Putin riuscire ed allontanare l’Italia dalla solidarietà euroatlantica verso l’Ucraina. Ed è cinismo politico non dichiararsi in modo inequivocabile opposto a tale eventualità.


Il conflitto e l’ipocrisia: serve un nuovo soggetto politico, l’umanità

di Carlo Rovelli – Il Corriere della Sera, 31 luglio 2022

Mi unirei al coro generale se fosse sincero. Se condannando un attacco a un Paese sovrano, aggiungessimo che ci impegnamo a non fare più nulla di simile

Raramente mi sono sentito così lontano dalla retorica dei giornali. Forse dall’adolescenza, e forse per lo stesso motivo: quando la gioventù si ribellava d’istinto — prima ancora che a ingiustizia sociale, autoritarismo o vietnamiti massacrati dal napalm — al dilagare dell’ipocrisia.

L’Occidente si è lanciato a cantarsi come detentore dei valori, baluardo della libertà, protettore dei deboli, garante della legalità, speranza per la pace. Il peana su quanto siamo buoni e giusti mentre gli «autocratici» sono infingardi è un coro all’unisono. La ferocia russa e cinese è ostentata, ripetuta, declamata.

Mi unirei al coro se fosse sincero. Se condannando un attacco a un Paese sovrano, aggiungessimo che ci impegnamo a non fare più nulla di simile. Non fare quanto l’Occidente ha fatto in Afghanistan, Iraq, Libia, Serbia, Yemen, Grenada, Panama… Con la partecipazione dell’Italia sono stati invasi Iraq e Afghanistan che non avevano attaccato nessuno, causando un milione di morti. Rivangare il passato non serve: ci impegnamo per il futuro?

Mi unirei al coro contro il riconoscimento del Donbass che ha innescato la guerra ucraina, se aggiungessimo che ci siamo sbagliati riconoscendo Slovenia e Croazia, innescando la guerra civile Iugoslava. O per i bombardamenti su Kiev, dove la scusa era che Kiev massacrava il Donbass, se la Nato si impegnasse a non fare più nulla di simile, come ha fatto bombardando Belgrado, dove la scusa era che Belgrado massacrava il Kosovo. Mi unirei al coro contro la Russia che cerca di cambiare il regime di Kiev, se l’Occidente si impegnasse a non fare più la stessa cosa, come ha fatto abbattendo e destabilizzato governi democraticamente eletti dal Medio Oriente al Sud America, dal Cile all’Algeria, dall’Egitto alla Palestina. Mi unirei al coro che si commuove per i profughi ucraini, se si commuovesse anche per yemeniti, siriani, afghani e altri con pelle di tonalità diverse.

Ipocrisia senza limiti. I giornali gridano sulle politiche «imperiali» di Cina e Russia. Il lupo e l’agnello. La Cina non ha quasi soldati fuori dei suoi confini, se non in missioni Onu. La Russia ne ha a pochi chilometri, in Siria e Transnistria. Gli americani hanno centomila soldati in Europa, basi militari in Centro e Sud America, Africa, Asia, Pacifico, Giappone, Corea… ovunque, eccetto in Ucraina dove stavano insediandosi. Hanno portaerei nel mare della Cina. Dalle coste cinesi si vedono navi da guerra Usa, non si vedono navi da guerra cinesi da New York. Chi è l’impero? Si paventa, non abbastanza, l’uso dell’atomica. L’Occidente è l’unico ad averla usata. A guerra vinta, per affermare il dominio con la violenza; nessun altro lo ha fatto. Si scrive che la Cina è aggressiva; non ha fatto guerre dopo Corea e Vietnam; l’Occidente ne ha fatte in continuazione ovunque. Chi è l’impero?

Il Pentagono pubblica liste di persone uccise dai suoi droni nel mondo, molti innocenti. Il New York Times è arrivato all’orrore di denunciare il fatto che i soldati che li guidano non hanno supporto psicologico per lo stress di ammazzare innocenti. Lo scandalo non è ammazzare innocenti, è che chi li ammazza non ha supporto psicologico. L’impero assiro era arrivato a tale arroganza. Ma i nostri giornalisti ricordano indignati una persona uccisa anni fa a Londra dai russi… Gli americani invocano la Corte Penale Internazionale, da cui hanno sempre dichiarato che non si fanno giudicare. O la legalità internazionale, quando le loro guerre sono condannate dall’Onu. Onu che la maggioranza del mondo vorrebbe autorevole, ma Washington ostacola.

Sarei in disaccordo, ma non mi sentirei disgustato, se sentissi «siamo forti, vogliamo dominare con le armi per difendere il nostro privilegio». Non ci sarebbe ipocrisia e potremmo discutere se sia una scelta intelligente. Se non sia più lungimirante collaborare.

Non fraintendetemi. Amo l’America, molto. Vi ho vissuto dieci anni e sono stato cittadino Usa. Ne conosco splendori e orrori. La brillantezza delle università, la vitalità dell’economia, la miseria dei ghetti neri e bianchi, la violenza per noi inconcepibile delle strade. Amo l’Europa, la civiltà, tolleranza e cautela ereditate dalla devastazione della Guerra. Ma non posso non vedere il nostro piccolo mondo ricco chiudersi su se stesso in un parossismo di ipocrisia.

Amo anche Cina e lndia, di cui pure ho visto miserie e splendori. Ci perdiamo in chiacchiere su quale sistema sia meglio, come dovessimo fare tutti la stessa cosa. Il problema del mondo non è che singolo sistema politico adottare tutti. Il problema del mondo è convivere, rispettarsi, collaborare. Il problema del mondo è costruire un nuovo soggetto politico: l’umanità, con le sue diversità.

Tanti Paesi ce lo ripetono, non li ascoltiamo. Rifiutano le sanzioni contro la Russia. Perfino di condannare la Russia. Perché? Perché vedono l’ipocrisia dell’Occidente, che si sente libero di massacrare, e poi fa l’anima candida.

L’umanità vorrebbe che i problemi reali, riscaldamento climatico, pandemie, povertà che ricomincia a crescere, fossero affrontati insieme. L’80% degli italiani non è favorevole all’aumento delle spese militari. Considera l’emergenza climatica il problema grave. Il direttore della Cia afferma in una intervista che cerca di convincere i politici, che non ascoltano, della stessa cosa. Le persone ragionevoli sanno che collaborare è meglio. L’Occidente rifiuta. Vuole «avversari strategici», nemici, vuole schiacciare gli altri. Ha le armi. L’Ucraina si potrebbe risolvere come la crisi Iugoslava: con una separazione. Ma l’Occidente non vuole soluzioni, vuole fare male alla Russia: non fa che ripeterlo.

Ora si sente inquieto perché la Cina sta diventando ricca. La provoca, la accusa con pretesti (ce ne sono: scagli la prima pietra chi è senza colpe). Cerca lo scontro. Vorrebbe umiliarla militarmente prima che cresca troppo. La classe dominante occidentale ci sta portando verso la terza guerra mondiale. Nelle foto si allineano facce sorridenti dei leader occidentali, felici delle portaerei, delle bombe atomiche, trilioni di dollari di armi, con cui si potrebbero risolvere i guai del mondo, usati per rafforzare il dominio. E tutto imbiancato da belle parole: democrazia, libertà, rispetto dei confini, legalità. Dietro, come zombi, giornalisti, editorialisti e politici di stati vassalli come il nostro, a ripetere. Sepolcri imbiancati. Su una scia di sangue di milioni di morti straziati dalle nostre bombe. Da Hiroshima a Kabul, e continueranno.

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