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Il Codice Preda

Pubblicato il 26/02/2004 @ 10:34 in Giornali,Panorama


L’autodisciplina delle società quotate

Sembra proprio che molta acqua finirà nel vino delle radicali riforme annunciate da Tremonti dopo lo scandalo Parmalat, e sostenute da parte dell’opposizione: soprattutto in quelle che riguardano Bankitalia. A Berlusconi serve un clima di scontro per le elezioni, quindi non ha nessuna intenzione di chiedere l’appoggio dei “comunisti” per una riforma che può turbare gli assetti del sistema bancario. E poi, per guadagnare che cosa? Perché inimicarsi gli imprenditori aggravando pene e controlli, proprio lui che li aveva ridotti con la legge sul falso in bilancio?

Fazio resti pure al suo posto, la lezione qualcosa gli ha insegnato. Idem per le banche, lo spavento all’idea che il controllo sulla concorrenza passi in pieno all’Antitrust, le renderà generose nel rimborsare i risparmiatori buggerati.

Ragion di più per attivare tutti i meccanismi che non hanno bisogno di leggi: meccanismi volontari, che aumentano la trasparenza, e usano come deterrente il danno reputazionale per chi non vi si adegua.
Un esempio: la Borsa italiana ha emanato il “codice Preda” di autodisciplina delle società quotate. Pur essendo molto più blanda di quelli in vigore nelle Borse anglosassoni, dà indicazioni sugli amministratori indipendenti, sui comitati per il controllo interno, sulla trasparenza per le altre cariche ricoperte dai consiglieri e quindi sui conflitti di interessi. Ma se qualcuno avesse la (sana) curiosità di sapere chi e in che misura adotta le raccomandazioni, deve sobbarcarsi a una specie di caccia al tesoro, spulciando documenti e bilanci. A constatarlo é la stessa Assonime, l’associazione delle società per azioni. Ecco la proposta: perchè, la home page di www.borsaitaliana.it o di assonime.it non rimanda a una tabella, succinta e chiara, da cui risulti a colpo d’occhio quali società aderiscono al “codice Preda” e quali no? Perchè i fondi di investimento non partono da quei dati, e vanno a spulciare se gli amministratori dichiarati per indipendenti lo sono veramente, e che cosa hanno fatto di buono nella vita? In Parmalat, Fausto Tonna presiedeva il comitato di audit interno che avrebbe dovuto controllarlo come direttore finanziario: senza neppure dover far la fatica di falsificare le carte d’identità. E oggi, chi gli ha prestato i soldi e si giustifica dicendo che non lo sapeva, può anche pretendere che qualcuno gli creda.

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