Giscard senza più Lumi né "radici". L’Europa non deve cercare il Vero

giugno 12, 2003


Pubblicato In: Giornali, Il Riformista

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Risposta a Galli della Loggia su fede e UE

L’illuminismo é finito: questa é la considerazione a partire dalla quale Galli della Loggia (“Il silenzio su un falso storico” Il Corriere della Sera, 10 Giugno) sviluppa un suo ragionamento per darsi ragione del “generale silenzio” con cui la sinistra ha accolto la “singolare omissione” delle radici giudaico-cristiane dal preambolo della Costituzione europea. Non sapeva, scrivendolo, quanto avesse ragione: infatti il riferimento alle “correnti filosofiche del Lumi” é scomparso dalla nuova versione presentata oggi da Giscard d’Estaing.

Trova così conferma il sospetto che quel riferimento fosse stato messo lì apposta per essere levato, merce di scambio per sgombrare il campo dal problema delle “radici giudaico-cristiane”. Il riferimento ai Lumi aveva provocato non poco imbarazzo a sinistra: tanto che il sen. Passigli, cioè proprio un esponente della tradizione più laica, si era fatto promotore di una mozione per chiedere che, se restavano i Lumi, allora si dovessero inserire anche le famose “radici”.
In ogni caso è frutto di una generalizzazione un po’ arbitraria l’accusa di Galli della Loggia alla sinistra per il suo “silenzio”. Quanto alla sua argomentazione – sarebbe un modo “distratto, svagato” con cui la “cultura laico-progressista italiana”, solo “apparentemente indifferente” ai “grandi problemi del passato”, cerca di proteggere “il suo piccolo tabù illuministico antireligioso” – essa appartiene, come tutte quelle che affermano l’esistenza di una realtà non deducibile da ciò che si osserva, alla categoria delle affermazioni non falsificabili.
Il riferimento alle “radici giudaico cristiane” comporterebbe problemi non piccoli. Problemi politici, non ideologici; e non solo per la coalizione di centrosinistra. Il giorno che la Turchia ne farà parte, l’Islam potrebbe essere una delle religioni più praticate d’Europa: dovremo discutere anche di altri contributi, da Averroé al… croissant.
E poi, se uno incomincia a parlare di radici, a qualcun altro può venire in mente di parlare di trapianti. Come quello che nel 1492, il governo di Isabella la Cattolica suggerì a tal Jehoshua Boaz le-Bet Barukh: che se ne andò prima a Sermoneta e poi in quel di Acqui. E che si vide suggerire un nome tradotto, Salvador Boniforti Debenedetti. Le radici dànno alberi, e gli alberi fronde. Tanti alberi sono stati tagliati e tante fronde recise: i catari, Valdo, Riforma e controriforma, la Vandea; e gli infiniti pogrom senza nome e senza ragione. Qui mi fermo, perché dopo viene l’indicibile. Alle radici dell’etica del capitalismo c’è Calvino, e c’è anche Serveto. Anche le omissioni sono “un falso storico”.

Gli stati- nazione, la massima invenzione politica dell’Europa, si sono formati a prezzo di guerre, molto sovente guerre di religione. Ora l’Europa è intenta a una nuova invenzione: la costituzione. La Costituzione serve a regolare il trasferimento di competenze e sovranità dagli stati nazionali all’Unione; serve a creare i presupposti perché si formi una nuova cittadinanza europea e un nuovo senso di appartenenza, senza che si perdano quelli che oggi esistono. Menzionare le radici giudaico-cristiane rende più facile questo compito? Ci sono ragioni per dubitarne seriamente: se la sinistra ha evitato di ingaggiare a testa bassa una battaglia “laicista”, perché addebitarlo a inconsce pulsioni invece che farlo discendere da un ragionamento logico?
C’è poi una ragione molto più profonda che suggerisce di evitare di dare una definizione netta alle “eredità culturali, religiose e umaniste dell’Europa”, come recita il testo giscardiano. E’ risultato chiaro dalla lecture tenuta martedì da Larry Siedentop in Senato. Perché ogni definizione é anche una delimitazione, e ogni argomentazione “che tira in ballo la storia, e il passato e la memoria” – in generale, e cioè anche aldilà di quella storia che sta a cuore a Galli della Loggia – necessariamente esclude altre storie, altri passati, altre memorie. Inevitabilmente finisce per porre confini a quella libertà di tutto poter pensare, tutto poter esprimere, tutto poter progettare, che è parte dei “diritti inviolabili e inalienabili” – ancora il testo giscardiano – di ciò che consideriamo la più preziosa eredità europea.
La vera critica che si può muovere al preambolo non é che non dica tutto, ma che pretenda di dirlo, e che quindi dica troppo. Proprio Siedentop, in un articolo sul Financial Times (We, the people, do not understand; 4 Giugno) ha proposto un testo affatto diverso. E’ breve e lo riporto per intiero.
“Noi, popoli d’Europa, adottiamo il seguente trattato costituzionale per promuovere una più perfetta, volontaria unione dei nostri stati – nazione. Coscienti di un’eredità condivisa e determinati a difendere la libertà individuale, le tradizioni nazionali e la suddivisione del potere, noi adottiamo questo testo per identificare e per limitare la sfera di azione comune dell’Unione Europea. I trasferimenti di sovranità dagli stati membri alle istituzioni centrali – la Commissione, il Parlamento, il Consiglio – sono mezzi per raggiungere questo fine. Non sono un fine in se stessi, e dovranno essere sottoposti a periodica revisione, per assicurare che la promozione dei comuni interessi europei sia compresa e accettata dai cittadini degli stati membri. Questi interessi comuni includono la sicurezza, la prosperità, la certezza del diritto e l’autonomia della società civile”.
Così: senza cercare, nella storia, il “falso” e quindi, Dio ne scampi, il “vero”; ma lasciandovi l’illuminismo, la sua dialettica, insieme a tutte le nostre storte radici.

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