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Garton Ash tradito ancora una volta dalla storia

Pubblicato il 28/02/2005 @ 16:14 in Articoli Correlati


di Oscar Giannino

Si vede che c’è un gran lavoro dietro alle quasi trecento pagine dell’ultima fatica di Timoty Garton Ash, il direttore dello European Studies Centre al St. Anthony College dell’Università di Oxford e senior fellow presso la celebre Hoover Institution dell’Università di Stanford. Il suo Free World, America, Europa e il futuro dell’occidente (Mondadori) è l’ideale continuazione post 11 settembre del suo ampio manuale mondiale del post muro, che aveva avuto il torto di uscire in libreria proprio pochi mesi prima dell’attentato alle Twin Towers, risultandone immediatamente annullato.

In qualche misura, lo straordinario sforzo sinottico e la lucidità comparata condotta nell’allineare presente e prospettive dell’America, dell’Europa, della Gran Bretagna e del resto del mondo in ebollizione, subisce anche questa volta un analogo colpo del destino. Il grande teorico della democrazia che appoggia gli interventi armati ma senza essere un neocon, il teorico di una versione dell’ingerenza umanitaria assai più energica del soft power di Joseph Nye, colui che aveva visto e appoggiato in Blair e nella sua Gran Bretagna il Giano capace di unire un’Europa integrata senza essere antiamericana, e una nuova tesi dell’interventismo mondiale senza per questo digrignare i denti alla Rumsfeld, ancora una volta paga un prezzo imprevisto all’accelerazione improvvisa della storia. E di conseguenza proprio il pilastro forse più prezioso del suo impianto d’analisi risulta pericolosissimamente incrinato e quasi inservibile, a distanza di soli quattro mesi da quando il libro porta la data della consegna alle stampe. Proprio così il suo Free World anche per dei blairisti incalliti filomercatisti e filoccidentalisti quali noi siamo risulta pressoché inservibile, già superato in alcun punti e solo wishful thinking in alcuni altri.
Esempio del primo caso è l’intero capitolo della seconda parte dedicato all’Europa, le pagine tra 202 e 214. In soli pochi mesi dalle bozze del volume, la prospettiva disegnata e non per questo sostenuta da Garton Ash di un’Europa prossimamente addirittura ampliata fino a 37 membri non c’è più, è stata abbattuta a colpi di maglio nelle urne francesi e olandesi, nella caduta verticale del governo Schroeder in Westfalia, nelle fughe in avanti febbrili che vedono grandi giornali europei lanciare ipotesi sino a ieri impensabili di crollo del sistema dell’euro o di uscita dal suo perimetro di paesi fondatori di prima grandezza. Di conseguenza, resta buona e anzi ottima l’ispirazione di Garton Ash che presente e futuro non ci riservino un’Unione europea antiamericana ma transatlantica, ma l’ineffabile alito alla megaintegrazione priva di reale intelaiatura politica e sotto i colpi di timone della tecnocrazia europea di sicuro non spira più. La nuova Europa ha bisogno di una pausa e chi ha filo tesserà, ma l’appello finale del capitolo all’umanesimo sovranazionale e federalista goethiano e schilleriano risulta enfatico, in questi giorni.
Non troppo diversamente, in fondo, risulta il capitolo seguente, dedicato all’America di questi anni e del futuro. La chiusa di Garton Ash, quel «suonala ancora Sam» rivolto alla capacità americana di esercitare una superiorità ateniese e non spartana nel mondo, tornando indietro al modello sostanzialmente clintoniano, a pochi mesi dalla conferma di Bush alla Casa Bianca ha ancora il senso di una pura speranza più che di una fattuale e fondata previsione, visto che nella vittoria repubblicana la maggior parte degli analisti ha trovato alla fine la conferma di un lungo ciclo elettorale nel paese, non certo la fortunosa interruzione che prelude al certo e scontato ritorno alla vecchia canzone. Quanto poi alla parte dedicata al “Giano bifronte” euro-atlantico, e cioè alla Gran Bretagna blairista, anche a questo proposito in realtà che cosa davvero ci riservi il regno Unito sotto la guida di Gordon Brown è qualcosa di probabilmente assai diverso dalla mera reiterazione dello schema seguito dal fondatore del New Labour negli ultimi otto anni. Dunque l’elogio del passato lascia il passo all’incerto del futuro.
Resta integralmente valido e salvo, naturalmente, ciò che rende Garton Ash un protagonista inconfondibile e prezioso del dibattito culturale e politico tra le due sponde dell’Oceano Atlantico, in questi difficili anni di lotta al terrorismo senza che ci si riesca davvero neanche a mettere d’accordo su che cosa sia davvero e chi, il nemico jihadista e fondamentalista da combattere. Come salvo ed essenziale obiettivo per il futuro resta integralmente il progetto di estensione della libertà nel mondo che Garton Ash addita come obiettivo comune a Europa e America, senza che nessuna parte del pianeta possa chiamarsene fuori dal Medioriente all’Africa e all’Asia. Dio ci conservi chi pur avendo molti e fondati dubbi sul jacksonimso wilsonista di cui è impastata l’attuale amministrazione Usa, ancora difende il diritto-dovere all’ingerenza umanitaria e antiterrorismo sino all’intervento anche armato, quando e se necessario. In una netta condanna di tutta la paccottiglia postfranconfortese à la Derrida, che vede nell’Europa superiore per civiltà all’America il vero bastione contro l’omologazione del mercato e del capitalismo. Ma purtroppo c’è poco da fare. Oggi viviamo in uno di quei particolari momenti della storia, che risultano ingenerosi coi loro strappi verso opere troppo ambiziose.

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