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Fuori dal rebus GM

Pubblicato il 05/12/2002 @ 18:12 in Giornali,Il Sole 24 Ore

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A gridare che il re é nudo si coglie anche una (parte di) verità, e si strappano consensi: era successo a Moretti parlando del centrosinistra e dei suoi dirigenti, é successo ieri a Berlusconi parlando della Fiat e dei suoi manager. Ci sono ottime ragioni per polemizzare su modi e contenuti: ma se l’opposizione si ferma alle critiche, rischia di lasciare che siano altri ad andare al nocciolo dei problemi, e perde l’opportunità di indicare lei la strada per una soluzione vantaggiosa per il paese.

A ben vedere, l’irrituale intervento non può scandalizzare neppure la sinistra liberista. Infatti il Governo é chiamato a impiegare danaro pubblico a sostegno di piani di ristrutturazione e di rilancio: se non con sussidi diretti, che Bruxelles non consentirebbe, con provvedimenti a favore dei lavoratori temporaneamente allontanati o definitivamente espulsi dalle fabbriche, e poi con iniziative di “politica industriale”. Ha quindi il dovere di conoscere i piani e il diritto di giudicarli. La validità di un piano dipende in misura determinante dal management che lo esegue, e dalla proprietà che lo sostiene. E ciò per un tempo molto lungo: solo le fasi di progettazione e di messa in produzione di un nuovo modello richiedono anni. Il successo di un piano dipende certo dal consenso di sindacati e governo, ma in ultima istanza di quello dei clienti, che devono comperare i prodotti in produzione oggi, in attesa di quelli che verranno domani. Anche loro fanno un investimento, e chiedono non solo un prodotto conveniente, ma un’azienda credibile nel tempo. Credibile come prodotti, come management e come proprietà.

La credibilità di lungo termine dell’azienda é condizione essenziale per ogni piano di rilancio. Ora, nel lungo termine della Fiat sta, o potrebbe starci, GM: Fiat ha un diritto di put sull’azienda americana per il restante 80% di Fiat Auto, esercitabile a partire dal 2004. Il patto era stato concepito per dare certezze: oggi, bisogna avere il coraggio di dirlo, introduce elementi di grave incertezza. Incertezze nel patto stesso: il valore della “fair market value” di Fiat Auto alla data; l’asimmetria di tutti i contratti di put, dato che il compratore, se giudica le condizioni non più convenienti, ha dalla sua il vantaggio del tempo, che più passa e più rende critica la situazione per il venditore. Incertezze per chi deve giudicare i piani e la loro validità anche per l’eventuale subentrante. E incertezze per i clienti che devono fanno la loro decisione di investimento acquistando una vettura.

La proprietà non esclude di voler esercitare il put nel 2004. E’ opinione diffusa che intenda farlo. Il piano di Fiat Spa é di portare l’azienda nelle migliori condizioni possibili all’appuntamento: deciderà a quel momento il da farsi. Le due eventualità, vendere o non vendere, forse non cambiano molto la struttura dei piani aziendali, ma cambiano enormemente il modo con cui l’azienda li vive. Cambiano l’orizzonte temporale, e quindi comportano, da parte del Governo, interventi diversi, come quantità di risorse da mettere a disposizione e come tipo di iniziative da promuovere per la riconversione. E soprattutto il governo non sa chi sarà il suo interlocutore tra due anni. Bisogna uscire da questa incertezza. GM non può essere il convitato di pietra.

Porre questo problema implica cambiare l’intero quadro strategico: perchè se si passa da chi é oggetto della scelta a chi la compie, si salta dal livello di Fiat Auto a quello di Fiat SpA. Le scelte che deve fare l’azienda, e su cui, per i motivi sopra ricordati, il governo non può non prendere posizione, non riguardano quindi solo la Ferrari dei giovani, o l’Alfa “di famiglia che vince le corse”, i modelli (e i volumi!): riguardano le diverse attività del gruppo. Oltretutto, dato che non esistono imprese senza problemi, tanto meno di questi tempi, sarebbe bene avere un quadro globale della situazione anche delle altre attività industriali. Quanto a strategia i segnali che l’azienda ha mandato al mercato non sono stati univoci; in alcuni casi, come quando si é trattato di entrare nell’energia, sono stati letti più come disimpegno che come impegno.

E’ più redditizio (e quindi meglio per il paese) investire in auto o in veicoli industriali, o in trattori? A priori la risposta non é scontata: dovrebbero essere i mercati a selezionare i progetti più validi, i mercati dei prodotti, ma anche quelli dei diritti di proprietà. Quando i mercati funzionano bene, chi pensa di saper gestire un’impresa meglio dell’attuale proprietario, cerca di farlo, o comprandola o apportandovi capitali. Qui, per una serie di ragioni, non si può aspettare che agiscano i mercati, si deve decidere. Pur con le poche informazioni di cui si dispone, io credo che ci siano buone ragioni per ritenere che ci siano le condizioni per produrre auto in Italia, anche se non nei volumi degli anni passati. Fiat ha ancora una quota di mercato discreta, ha un grosso parco installato, ha alcuni marchi di successo, può contare su un indotto competente e su alcuni designer di fama mondiale. E i sindacati italiani, di fronte a piani seri, hanno sempre dato prova di grande maturità.
Il problema, e lo si dice con tutta la comprensione dei drammi personali e dei contesti locali, non sono quindi gli 8000 esuberi. E la soluzione non sta nella consueta panoplia delle misure di “politica industriale”, dai sostegni alla ricerca, alla riconversione, ai distretti e quant’altro. Di questo si potrà parlare dopo. Prima di tutto bisogna uscire da questa incertezza. Bisogna affrontare il problema del patto con GM: o eseguirlo subito, o porlo fuori dalla prospettiva strategica. Può darsi che esistano strumenti per indurre GM ad accettare anticipatamente l’opzione: ad esempio, GM sta chiedendo l’alleanza di Finmeccanica per consentire alla sua controllata Panamsat di acquisire Eutelesat. E’ disposto il Governo a giocare questa partita, d’intesa ovviamente con la proprietà? Se questo non fosse il caso, l’opposizione, sicura di avere il sostengo dei sindacati, chieda al Governo non di avanzare dubbi generici, rispetto ai quali poi non resta altro che stare ai giudizi degli advisor, ma di esigere un impegno esplicito rispetto ad due domande. Il destino di Fiat SpA si identifica con quello di Fiat Auto? E’ disposta la proprietà, fin da oggi, a quantificare le risorse aggiuntive rispetto a quelle del piano, da investire nel caso in cui l’andamento di azienda e di settore non fosse quello previsto? In assenza di queste tre risposte, il Governo non sta facendo chiarezza, ma aggiunge, anche con le sue proposte, confusione su confusione.

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