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E’ tutta questione di regole

Pubblicato il 22/12/2005 @ 10:31 in Giornali,Panorama


Partita Doppia

C’è un denominatore comune in tutte le battaglie bancarie estive, ed ora in quella d’autunno: sono tutti problemi di governance.
Governance di Banca d’Italia: se il problema è l’autoreferenzialità della Banca d’Italia, i poteri che hanno consentito al Governatore di far sì che gli assetti proprietari delle banche corrispondessero al suo personale disegno; l’essenziale dovrebbe essere riformare i poteri piuttosto sostituire un Governatore.

A dirlo, si è accusati – proprio dai Catoni che tuonano contro le leggi ad personam – di malcelata connivenza. Quello che la Commissione Europea sta valutando se mettere sotto accusa, è proprio il nostro sistema regolatorio. Tutto il contrario di quanto il wishful thinking suggerisce a giornalisti anche autorevoli, e cioè che avrebbe già messo sotto accusa Fazio.

Governance delle cooperative: lì vige il voto capitario, una testa un voto. Questo sistema è accettato senza problemi se si tratta di imprese di costruzioni o di distribuzione tra le maggiori d’Italia, ma non quando si tratta di banche. D’altro lato, l’equilibrio proprietario delle principali banche italiane si regge proprio sulle partecipazioni bancarie delle Fondazioni. E così si indagano con sospetto le simpatie politiche dei leader delle cooperative, mentre è accettato come un fatto di natura che ai vertici delle Fondazioni siano nominate persone in virtù delle loro dichiarate affiliazioni politiche, di rito ambrosiano o di rito senese .

Governance del sistema finanziario nel suo complesso. In teoria si fonda su Autorità indipendenti, Consob, e Banca d’Italia in primo luogo. Ma, come è stato autorevolmente osservato anche all’ultima riunione Aspen sul questo tema, l’irruzione delle procure rende i regolatori delle comparse all’ordine o alla mercè dei pubblici ministeri. Se si ritiene che ci sia stato un concerto, la conseguenza dovrebbe essere l’OPA obbligatoria: invece, al posto della soluzione di mercato, si reclama a gran voce la soluzione giustizialista, l’espulsione penale dalle società. E un’accusa facile da lanciare quanto difficile da provare, quale l’aggiotaggio, serve a sbarazzarsi di quanti hanno dato fastidio a quei soci di controllo della Fiat che per tutto l’estate hanno tenuto un comportamento verso il mercato sulla cui trasparenza si sono sollevate critiche pesanti.

Certo, i fatti personali sono più interessanti, le sbobinature delle intercettazioni più gustose, le proverbiali conseguenze a cui si va incontro scegliendo cattivi compagni di strada, consentono di ampliare il gioco a infinite combinazioni. Il solo vantaggio di cercare di distinguere le cause dalle conseguenze, le anomalie strutturali dai singoli fenomeni, è che risulta più facile orizzontarsi.

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