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E’ il nuovo radicalismo di centro a tenere gli elettori lontani dall’Ulivo

Pubblicato il 28/01/2003 @ 13:24 in Giornali,Il Riformista

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“Spero”, scrive Sergio Cofferati a conclusione della sua intervista a Reset, “che anche il mio amico Franco Debenedetti si sia a questo punto convinto di aver sbagliato quando si è astenuto sulla legge Cirami”. Non mi sono astenuto, non avrei potuto neanche se avessi voluto, perché tutta l’opposizione scelse di non partecipare al voto finale del 24 Ottobre. Ma neppure penso di aver sbagliato: perché l’astensione, che proponevo dalle colonne del Riformista, era volta a dare non un giudizio politico sul merito della legge, ma un segnale del successo nella nostra battaglia.

Perché è un successo per l’opposizione riuscire a far sapere a tutti gli italiani che questa è una legge per risolvere un problema giudiziario del premier e di un suo avvocato; a provocare fratture nella maggioranza e nubi nei rapporti con il Capo dello Stato; a fare accettare sostanziali modifiche che enormemente lo depotenziano. E a rivelare, con lo sberleffo dell’errore finale, che questi della maggioranza sono incapaci perfino di fare le cose che gli convengono. La Cirami resta una legge indecente: Cofferati certo non mi attribuisce un giudizio diverso. E’ dal mio giudizio sull’esito della battaglia che dissente, e soprattutto dalla proposta di annunciarlo come un successo. In questo dissenso è contenuta una divergenza di fondo: non è dunque un caso che Cofferati lo esprima in chiusura dell’articolata intervista in cui spiega il suo progetto politico.

La battaglia per la Cirami ha permesso di constatare che in questo paese agisce una pluralità di poteri: il Capo dello Stato, la Corte Costituzionale, la magistratura, i mezzi di comunicazione, un’opinione pubblica, oltre al Parlamento. Proprio la vicenda della legge Cirami dimostra che in questo paese non c’è un regime, e neanche il pericolo di un regime.
Non la pensa così l’opposizione “intransigente”: ogni proposta del governo è per lei un attentato alla Costituzione, ogni modifica smantella le “nostre” costruzioni sociali, idee di per sé condivisibili sono da respingere per il contesto in cui nascono, ogni intesa è un inciucio. Una sola la posizione: il rifiuto totale; uno solo il sentimento: l’indignazione. Non si dà spazio alla soddisfazione per i successi parziali; solo la tragedia della sconfitta totale è adeguato alimento all’indignazione radicale. E’ proprio la linea su cui Cofferati ha attestato la CGIL sull’art. 18: il rifiuto aprioristico di ogni valutazione di costi e benefici, come si conviene quando in gioco sono i diritti della persona, dunque diritti assoluti; il salto di livello, dal piano delle condizioni, storiche materiali e sociali, in cui agiscono le leggi, a quello ideale, in cui stanno i principio indiscutibili. E’ così che quella sull’art. 18 è diventata il paradigma di ogni battaglia politica. E’ così che Cofferati è diventato il leader naturale di questa opposizione. Un consenso che va oltre la sinistra tradizionale, oltre ai settori del cattolicesimo ad essa contigui, fino a comprendere un elettorato di ulivisti delusi, animati da “desiderio di politica”, insofferenti dei partiti e intolleranti di alcuni loro esponenti. Un elettorato che si considera di centrosinistra e non di sinistra: non è di sinistra tradizionale, tanto meno di sinistra estrema, la formazione culturale e la storia di molti leader dei girotondi. Tra le centinaia di persone che accorrono nei luoghi dove ogni giorno Cofferati ripete il suo messaggio, larga è la rappresentanza del popolo dei girotondi. (Ci sono, nell’intervista, passaggi che si spiegano solo come ammiccamenti alle pulsioni antipartito e antiparlamento dei girotondini. Uno tra tutti: i giudizi critici sulla finanziaria sarebbero stati “balbettati”? Questa poi! Ha idea di come i Turci, i D’Amico, i Giarretta, soprattutto i Morando hanno incalzato punto per punto il governo fino a metterlo più d’una volta in difficoltà? Chiusa la parentesi).

C’è da porsi una domanda centrale: in quale prospettiva strategica si muove oggi Cofferati? Quella che gli viene di solito attribuita prevede la divisione dei compiti tra chi deve ricompattare tutta la sinistra e chi deve catturare il voto moderato, al fine poi di portare entrambi nell’Ulivo: emblematicamente, il ticket con Prodi. E’ ancora questa la sua prospettiva o non piuttosto quella della costruzione di una sorta di ‘Ulivo di sinistra”?
Cofferati si pone l’obbiettivo di unificare su un progetto la sinistra plurale, “un progetto dell’area riformista” che trovi “punti di convergenza con l’ala radicale”, con un “minimo (sic!) comune denominatore” con RC. Ma poi aggiunge che è “una sciocchezza” da cui “è essenziale liberare la discussione politica” la tesi secondo cui “in un sistema bipolare si vinca contendendosi solo i voti del centro”. Cofferati potrebbe finire per credere che per tenere “i voti di centro” basti l’intransigenza che ha mostrato verso Berlusconi rifiutando anche di discutere dell’art.18 (e, ciò che non guasta, verso D’Alema sulle pensioni).
Se la convinzione che con Berlusconi “si é passato un limite” basta a tenere insieme persone diverse, come disse Umberto Eco alla presentazione di Libertà e Giustizia, allora sarà un doppio radicalismo a tenere insieme le due anime di questo “Ulivo di sinistra”: programmatico, per la sinistra plurale; intransigente, per il “centro” dei girotondi. Su entrambi, comune moltiplicatore, la parola sacra: giustizia. Che per la sinistra tradizionale sarà quella sociale e redistributiva; per il centro intransigente sarà quella dei tribunali, la sola capace di liberare l’Italia dall’anomalia Berlusconi. Ed è forse proprio la somma di questi due radicalismi a ispirare la formula che sabato scorso Cofferati ha scelto di additare agli applausi di una componente della magistratura. Ha invitato a “conservare” e a “difendere” la “Costituzione materiale” minacciata e attentata: dove il “materiale” serve a mascherare il fatto che nella “Costituzione scritta”, spazio per radicalismi non ce n’é.

Sarebbe un’illusione pericolosa. Dal sondaggio SWG pubblicato dall’Unità il 21 Gennaio risulta evidente: primo, che la maggioranza degli elettori di sinistra e di centro vuole che maggioranza e opposizione discutano di riforme istituzionali; secondo, che, per tutti loro, i girotondi levano consensi al centrosinistra; terzo, che il calo nei consensi per il centrodestra non si traduce in un aumento dei consensi per il centrosinistra. Evidentemente, per quanto numeroso sia il pubblico “di centro” che accorre nei luoghi del quotidiano impegno di Cofferati, molto più grande è “il centro” dell’elettorato. Soprattutto, molto diversi sono i suoi orientamenti. Anzi, i risultati del sondaggio SWG-Unità confermano che quell’elettorato rifiuta proprio il radicalismo del girotondismo intransigente, più ancora che i “punti di convergenza” con le posizioni più tradizionali della sinistra. Non spaventa più nessuno che nelle sinistre di tutti i paesi ci siano posizioni massimaliste: ormai si è imparato che tutte le sinistre, quando vanno al governo, sono costrette a contenerle e sono capaci di farlo. E’ il radicalismo di centro il responsabile della mancanza di sufficienti consensi al centrosinistra. Chi soddisfa con l’indignazione e l’intransigenza la propria voglia di fare politica viene meno al suo ruolo di imporre moderazione alle richieste più radicali della sinistra, e quindi ne consente lo spostamento sempre più lontano dalle aspettative della grande maggioranza degli elettori: che non va ai girotondi.

Invitando ad astenersi sulla Cirami suggerivo uno strumento di comunicazione. Che non sia stato accolto, è poco importante. Invece la negazione di un giudizio equilibrato sugli esiti di una battaglia condotta dentro il Parlamento e diffusa all’esterno, e il rifiuto di comunicarlo ai nostri elettori, questo sì che è un fatto importante, e, come si vede, denso di conseguenze. L’amico Sergio Cofferati capirà perché non solo non mi pento della mia proposta, ma gli sono grato di averla ricordata.

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