E’ finita l’era dei Nuovi Mattei

maggio 16, 2002


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore

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Sulle nomine dei vertici ENI

La dura battaglia politica per rinnovare i vertici dei due colossi energetici italiani è terminata. I nuovi manager nominati hanno storie professionali, profilo e qualità, che sono state da tutti apprezzate. Nel momento in cui si volta pagina, ci sono aspetti di questa vicenda che meritano riflessione. Io ne individuo tre.

Il primo si è manifestato là dove il fuoco è stato più intenso: la sostituzione di Franco Tatò al vertice dell’Enel mostra infatti che l’era dei Nuovi Mattei, almeno nelle intenzioni del Tesoro, è all’epilogo. Si stempera la seduzione sulla politica esercitata negli anni scorsi da manager posti in teoria alla testa di aziende da privatizzare ma, in realtà, nelle lunghe more di un processo le cui tappe non erano state predeterminate, abilissimi a incantare i politici con l’irresistibile miraggio dell’impresa pubblica di successo. L’onerosità finanziaria dell’ ambizione di fondare anche in Italia una grande impresa multiutility ci lascia una Enel, che nel core business elettrico ha diminuito gli investimenti volti a fare efficienza nel mercato nazionale, e non ha proiezione estera; e che nella strategia di diversificazioni deve consuntivare consistenti debiti e alleanze in frantumi. L’ambizione dei Nuovi Mattei – dettare essi alla politica tappe e strategie, traendo vantaggio dall’ambigua formula secondo cui il Tesoro gestiva le aziende come pure partecipazioni finanziarie – si è scontrata con il ritorno da parte del governo a un risoluto esercizio della prerogativa proprietaria.
Dal venir meno di questa ambiguità potrebbero derivare conseguenze più positive che negative. Ma è difficile crederlo, perché su due altri aspetti non sono state poste le premesse che era lecito attendersi.
Per quanto riguarda tempi e modi della privatizzazione, non vi è stato alcun confronto né alcuna decisione. Certo, sulle scelte c’è generale consenso. Ma come ci si è arrivati? Quando mai, in queste settimane si è parlato di strategie e di programmi? Forse che ci si contenderebbe così accanitamente il potere, se l’obbiettivo fosse di trasferire il controllo delle aziende al mercato e non conservarlo? A un anno dal loro esordio, il tema privatizzazioni governo e maggioranza l’hanno archiviato. Il Tesoro non mancherà di obiettare energicamente che nessuno è autorizzato a dubitare che il Governo non manterrà l’impegno assunto con Bruxelles di privatizzare per 60 miliardi di euro entro il 2006, vanterà la cartolarizzazione degli immobili, sosterrà che il passaggio dei beni del demanio alla costituenda Patrimonio SpA è l’equivalente gestionale di una privatizzazione. Ma non risponde, a chi chiede quando lo Stato non controllerà più Eni ed Enel, con una data resa credibile da un percorso con tappe verificabili.
Quanto poi al terzo fondamentale aspetto, quello della liberalizzazione e dell’apertura alla concorrenza, il bilancio di un anno di governo è una lavagna bianca.
Nessuno dei nodi della politica energetica – quelli contro cui l’attuale maggioranza puntava il dito quando era al governo il centro sinistra – è stato sciolto. L’unico provvedimento approvato, il decreto sblocca centrali, sta finendo nelle secche delle dispute con le Regioni (e proprio in quel decreto il Governo aveva inserito emendamenti richiesti dall’Enel, talmente indecenti che il Tesoro stesso era stato indotto a ritirarli). Il potere di mercato dell’Eni non è stato scalfito; nell’energia elettrica si sta instaurando un tranquillo duopolio; per l’Enel (e in minor misura anche per l’Eni) la prima preoccupazione è il controllo del mercato domestico; perdura l’asimmetria tra Eni ed Enel, sicché l’azienda petrolifera di Stato non investe in centrali, per controbilanciare, almeno in termini di aumentata concorrenza, le iniziative dell’azienda elettrica di Stato nel business del gas. Il solo progetto di razionalizzazione del settore è dovuto al Parlamento e porta la firma di Bruno Tabacci, non del Governo. In tutto questo, la Sicilia saldamente controllata dalla Casa delle Libertà ha appena imposto un pedaggio sul gas che transita sul suo territorio, e ha deciso che, nei suoi confini, di concorrenza nella distribuzione domestica del metano non si parlerà prima del 2010. Una vera e propria secessione energetica.
E’ evidente, allora, che la svolta esercitata usando il pugno di ferro contro i Nuovi Mattei, non basterà. E senza decisioni che spettano innanzitutto alla politica, entro la fine di questa legislatura non porterà né la libertà di scelta negli approvvigionamenti agli utenti industriali (di quelli privati inutile anche pensarci), né concorrenza reale tra operatori, né a una drastica riduzione del divario di prezzi che penalizza le nostre imprese rispetto ai concorrenti europei. Quindi, questa terribile sfida ricade per intero sulle persone di valore messe al comando di ENI ed ENEL. Perché, quanto a volontà liberalizzatrice, chi ha guardato con fiducia alla volontà di questo governo, sin qui non ha di che rallegrarsi.

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