Due scelte che decidono il futuro

settembre 28, 1997


Pubblicato In: Giornali, La Stampa


Il prossimo ottobre, mentre la guerra del Mugello assorbira’ l’attenzione pubblica, verranno assunte, c’e’ da scommettere con assai minore attenzione, due decisioni con conseguenze assai piu’ importanti per il paese. In quei giorni infatti il Governo scegliera’ il Presidente della nuova Autorita’ delle Comunicazioni, e i Presidenti di Camera e Senato nomineranno l’intera Antitrust, Presidente e cinque Commissari.

Bisogna avere il coraggio di riconoscerlo: in una democrazia matura e complessa le decisioni che piu’ incidono sulla nostra vita ed il nostro futuro sono assunte fuori dal circuito della democrazia rappresentativa cui, per antica abitudine, continuiamo a prestare dominante attenzione.
Da sempre, ma piu’ ancora nel mondo dove i mercati giudicano ogni giorno, gli elettori ogni 4 anni, le elite si formano per cooptazione piu’ che per scrutinio di voto. Il trattato di Maastricht e’ stato pensato e voluto da un’elite di banchieri centrali.
Sono stati i Van Miert. i tecnocrati di Bruxelles, a imporre liberalizzazioni e privatizzazioni, lo smantellamento dell’IRI, la fine dei sussidi alle banche decotte, a un Parlamento che, da solo, ci avrebbe messo vent’anni. L’Uruguay Round, il trattato che, riducendo le barriere tariffarie, fara’ aumentare il volume degli scambi mondiali e cambiera’ la composizione di cio’ che si produce e di chi lo produce, e’ stato deciso da un’autorita’ non elettiva, il WTO. E si deve sostanzialmente alla presenza di Giuliano Amato all’Antitrust se oggi in Italia mercato e concorrenza non sono piu’ concetti che si trovano solo sui libri.
A fronte di tutto cio’, la sproporzione tra l’attenzione riservata alla disfida del Mugello e il silenzio in cui stanno maturando decisioni ben diversamente rilevanti e’ tanto assoluta quanto sorprendente. Nel massimo rispetto per chi e’ chiamato a compiere le scelte, piu’ che discutere di nomi conviene ragionare di principi.
Incominciamo dall’Autorita’ delle Comunicazioni. Dalle sue decisioni dipendera’ se le telecomunicazioni saranno il settore industriale del futuro, dando luogo ad un fiorire di iniziative; o se invece continuera’ ad essere dominato dal monopolista, anche se privato.
Purtroppo- e’ facile prevederlo – questi problemi appariranno secondari: tutti, Governo, maggioranza, opposizione, tenderanno a scegliere persone che garantiscano prima di tutto assoluta fedelta’ in merito al problema che da 12 anni incombe sulla scena politica: la televisione. Si deve invece chiedere con forza che le competenze nelle telecomunicazioni siano maggioritarie nella composizione dell’organo, qualunque siano i nomi.
Ma sono le scelte relative all’Antitrust ad apparire particolarmente impegnative.
La legge prescrive che il Presidente sia una personalita’ che ha avuto importanti incarichi istituzionali col che si intende chi ha ricoperto i ruoli di Ministro, o di Presidente della Corte Costituzionale, o di Commissario europeo. La sua formazione dovra’ essere giuridica od economica? Se ci trovassimo in un sistema economico interamente privatizzato e largamente concorrenziale, l’autorita’ avrebbe compiti di arbitro di interessi tra privati: e cio’ parlerebbe a favore di una formazione giuridica. Ma nel nostro ambiente economico, fortissima e’ ancora la pervasivita’ del pubblico, le privatizzazioni non hanno comportato lo smantellamento dei monopoli: per cui l’Antitrust ha anche compiti normativi, che ne fanno il luogo – forse il solo- dove si fa politica industriale: e cio’ implica una particolare sensibilita’ alle conseguenze del diritto concorrenziale sugli assetti industriali.

E’ per questo insieme di ragioni che la figura di Amato rischia di apparire irripetibile. Giuliano Amato ha saputo trar lezione ogni giorno dalle trasformazioni che i mercati hanno imposto a quegli strumenti di governo dell’economia che -al mondo intellettuale da cui Amato proviene- apparivano la conquista piu’ avanzata di fronte all’impatto delle piu’ gravi crisi economiche di questo secolo. A quel mondo appartiene gran parte del personale politico oggi in posizione di comando: ma in quel mondo la sensibilita’ alle lezioni del mercato e’ assai meno estesa di quanto si creda.
Esiste dunque il rischio che la scelta possa indirizzarsi verso personalita’ magari di specchiata dirittura morale e di consolidati titoli accademici, ma irrimediabilmente lontani dal farci compiere quell’ulteriore salto verso i benefici che solo la concorrenza puo’ apportare.

Tutto ruota dunque intorno alla scelta del Presidente dell’Antitrust. E’ la mancanza di un cultura del mercato e della concorrenza a restringere la rosa: parliamoci chiaro, ci andrebbe un italiano che abbia lavorato la’ dove questa cultura c’e’. Avremmo bisogno di tanti Lord Lawson, quello che ripeteva che ” non e’ affare del Governo il governo degli affari”; di tanti Cruickshank, il Presidente di Oftel, che e’ riuscito a imbrigliare la potentissima British Telecom, facendo dell’Inghilterra il paese con il mercato delle telecomunicazioni piu’ competitivo e vivace del mondo.

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