Dubbi amletici

aprile 11, 2003


Pubblicato In: Giornali, Panorama


Bisogna evitare la lotta per la leadership

La conferenza programmatica dei DS tenuta a Milano la scorsa settimana è stata un notevole impegno organizzativo: ma stento a individuare un risultato che dia ragione di cotanto sforzo, almeno nel senso di modificare la situazione interna del partito. Eppure, questa volta, Piero Fassino ha affrontato di petto il problema: c’è incompatibilità, ha detto riferendosi a Sergio Cofferati, tra l’essere presidente della Fondazione Di Vittorio, copresidente di Aprile, dirigente del partito. Il correntone ha protestato, D’Alema ha ridimensionato, Cofferati ha respinto, Fassino ha ribadito. E alla fine tutto si è ridotto alla richiesta della disciplina di voto in Parlamento.

Importante per evitare di dare una pessima immagine di sé di fronte all’opinione pubblica, ma poca cosa a confronto delle divisioni profonde che attraversano i DS: partito tradizionale, o movimento? confrontarsi con le mediazioni necessarie per governare, o marciare dietro le bandiere dei principi assoluti, i diritti, la pace? Avere una precisa identità politica, o essere la federazione di tutte le sinistre? Ma nessuna spaccatura in vista: per Cofferati, intervistato il giorno dopo da La 7, queste divaricazioni sono una ricchezza, non un problema.

Dal podio riecheggiano le rituali accuse alla guerra preventiva, alla globalizzazione. Intanto gli americani avanzavano verso Bagdad, e il 68% degli italiani, secondo Mannheimer, adesso sono contenti che vada così; D’Alema riconosce che per i DS a volte è difficile seguire con i sentimenti ciò che indica la ragione; le citazioni di Blair servono da indicatore della posizione politica, sinistra di governo o identitaria.

Giuseppe De Rita, invitato come ospite, ammonisce: “non volate più alto dei vostri angeli custodi”. “Gli angeli”, però, scrive sant’Agostino nelle sue Confessioni, “non sono prigionieri dei dilemmi della storia e del tempo”. Noi sì. La politica, più di tutto. In Italia, la guerra per abbattere Saddam già ha determinato il singolare effetto di un governo missed in action, con la scomparsa di Berlusconi da ogni schermo per non essere collegato alle immagini. Se i Ds restano paralizzati dalla guerra per la leadership, in cui ogni argomento, Saddam, Blair, l’articolo 18, i contratti, diventa reciproco gioco d’interdizione invece che coerente profilo di sinistra di governo, non ci guadagna l’Italia. Candidarsi a governarla contando meramente negli errori dell’avversario, è cosa ben diversa dalla forza che discende da scelte concrete.

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