Dov’è il posoto dei riformisti nella GAD?

ottobre 20, 2004


Pubblicato In: Giornali, Il Riformista

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Sinistra – Ho aderito alla mozione Fassino per fare la FED

“Accogliamo la proposta di Romano Prodi di dare vita alla federazione dell’Ulivo, come motore di una più vasta Alleanza Democratica di centosinistra”. Per i riformisti della mozione Morando, questa frase nell’introduzione della “mozione Fassino” ( e la relativa tesi 24) segna il raggiungimento di un obbiettivo indicato e perseguito anche in tempi in cui erano in pochi a crederci. Perciò hanno – abbiamo- deciso di non presentare una propria mozione separata al congresso di gennaio.

Sono poi successe diverse cose, in modo particolare il vertice che ha dato luce verde alla Grande Alleanza Democratica: e già questo giornale ha parlato di contrapposizione tra FED e GAD, di “vittoria” di questa e di “sconfitta” di quella. E’ quindi il caso di rendere esplicite alcune considerazioni sulla decisione presa in vista del congresso: quali sono i presupposti che l’hanno determinata? Quali conseguenze ne derivano?

Diventa non banale ricordare quella che per me è una certezza. Che esiste nel centrosinistra una posizione che chiamerò sinteticamente “riformista” con una propria identità che la distingue all’interno dello schieramento. Che é presente, in forme organizzative diverse, in tutti i partiti della Federazione dell’Ulivo, e non solo nei DS. Che contribuisce in modo essenziale al complessivo profilo politico della coalizione, per combattere il populismo massimalista, e il conformismo del politically correct.

C’è contraddizione tra questa convinzione e la decisione di confluire nella mozione Fassino? Da un punto di vista logico, no. Non solo a causa delle legittima soddisfazione di vedere il successo di una proposta, la federazione dell’Ulivo, che abbiamo sostenuto superando un iniziale isolamento. Significa ritenere che, in questo momento, la scelta federativa è discriminante e qualificante, discriminante verso chi ancora non la condivide; qualificante per la visione riformista di chi vi aderisce. Significa ritenere che il modo di prendere le decisioni all’interno di una struttura federata apre al nostro programma riformista maggiori orizzonti, consente di allargare l’area del consenso di più di quanto sarebbe possibile puntando a una maggiore differenziazione, e chiudendosi intorno ad una più autonoma identità.

Dov’era, nel tavolo del vertice di lunedì scorso, il nostro posto? Gli elettori hanno potuto percepire una nostra presenza? Sono le domande che viene inevitabile porsi leggendo i resoconti sui giornali. Sono il primo a riconoscere che GAD e FED sono due cose diverse, che hanno tempi diversi, che non si può stare fermi fino a gennaio, aspettando l’esito del congresso DS, che è anche necessario delimitare i confini della GAD, dopo che si sono definiti quelli della federazione. Ma sono le prime uscite quelle che contano nello stampare nella testa degli elettori la fisionomia di un soggetto politico: i breviari programmatici, li leggono in pochi e non impegnano nessuno.

Avevo capito una cosa diversa. Avevo capito, per citare la rappresentazione – semplificatoria ma efficace – fatta da uno dei massimi dirigenti della coalizione, che sarebbe andata più o meno così: Romano Prodi alla mattina si incontra con gli organismi della federazione, al pomeriggio concorda con gli altri partiti della coalizione quanto è stato deciso. E’ evidente che c’è un rapporto diretto tra le regole per formare le decisioni e il tipo di decisione che viene presa, tra forma organizzativa e profilo politico che ne emerge. Invertendo l’ordine degli eventi cambia non solo il risultato, cambia la natura stessa dell’alleanza. Se il “motore centrale”, che Piero Fassino pone in testa alla sua proposta programmatica, dovesse girare a vuoto e non essere in presa diretta con la coalizione, diventerebbe perfino impossibile per il segretario esercitare la delega che implicitamente gli viene data dai “riformisti”.

Conclusioni? Primo: occorre tenere bene a mente, che la decisione della Federazione è tutt’uno con la mozione Fassino e quindi con l’adesione dei riformisti. Secondo: che non ci si può fermare al rispetto delle intese, bisogna cogliere il vento politico e attrezzarsi, raddoppiando l’impegno organizzativo e le occasioni di comunicazione della nostra identità riformista.

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